Di che cosa soffri? Come se si svegliasse nella casa senza rumore l’ascendente di un volto che uno specchio agro avesse raggelato. Come se, abbassata su un piatto cieco la lampada e il suo bagliore, la vecchia mensa coi frutti tu sollevassi alla gola serrata. Come se rivivessi le tue fughe nel vapore del mattino incontro alla rivolta tanto amata, lei che meglio di ogni tenerezza ha potuto assisterti e educarti. Come se tu murassi, mentre il tuo amore dorme, il portale sovrano e la via che vi penetra.
Di che cosa soffri?
Dell’irreale intatto dentro il reale devastato. Dei loro meandri avventurosi cerchiati di richiami e di sangue. Di quanto fu scelto e non toccato, dalla sponda del balzo alla proda raggiunta, del presente irriflesso che scompare. Di una stella che si è accostata, folle, e sta per morire prima di te.
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