Renzi, Berlusconi ed il realismo politico: un ragionamento a caldo

Creato il 19 gennaio 2014 da Nicola_pedrazzi @Nicola_Pedrazzi

   Non so nulla della nuova legge elettorale proposta, ho solo letto, come tutti, che i leader dei due maggiori partiti italiani si sono incontrati per discuterne. Domanda vera: dov'è lo scandalo? Dove? Io ne vedo due, uno di destra e uno di sinistra. Lo scandalo, a destra, è che Berlusconi, essendo quello che è, sia ancora un leader. Ma questo è solo colpa dei nove (dieci, undici, quanti?) milioni di italiani "di destra" che lo hanno votato ancora (e che lo rifarebbero); gente che si guarda bene dal contribuire a qualsiasi altro progetto "di area moderata" - Casini, Fini, Monti, e ora anche Alfano provano a pescare nel mare di un elettorato che non esiste, si sono diversamente suicidati in una piscina vuota per il semplice fatto che in Italia questa benedetta "destra europea" non esiste. Lo scandalo, a sinistra, è che il partito che aveva il dovere di intestarsi la svolta non è riuscito a fare niente di meglio del governo Letta. E non mi dilungo oltre perché ho appena mangiato. Questi sono gli scandali. Direi che bastano e avanzano, non c'è nessun bisogno di inventarsene altri.
   Mi ha sempre colpito l'attitudine degli italiani (soprattutto dei cittadini più cittadini degli altri come i cittadini a 5 stelle e dei giornalisti più giornalisti degli altri come i giornalisti del Fatto) a considerare la passione e l'azione politica come il risultato di un gusto (o disgusto) personale. A nessuna persona che non l'ha votato piace vedere Berlusconi che invece di scontare la pena per cui è stato condannato va ancora in giro a farla, quella roba che si chiama politica. Ma da questo diffuso (e sanissimo) sentimento di scandalo non possiamo dedurre che sia una soluzione (politica) ignorare l'esistenza di Berlusconi. Perché la realtà dei fatti è che il condannato Silvio Berlusconi, in questo Parlamento e nel paese, è ancora una forza. E la politica (la buona politica) si deve occupare, nel nostro nome, esattamente di questo: delle forze in campo.
   Personalmente, e non perdo occasione di ricordarlo anche a me stesso, lo stile di Renzi mi fa rizzare i peli di tutto il corpo tipo truciolone: ascoltarlo mentre parla con Daria Bignardi di Fidel Castro che gioca a golf è, non so, come guardare un'orgia satanica con finale coprofago (diretta da Vanzina, non da Pasolini): mi fa venire i conati. Ma il mio palato è irrilevante, per la politica italiana. Renzi ha detto: cambiamo. A partire dalla legge elettorale. E lo facciamo subito, altrimenti nessuno ci voterà mai più. Ha ragione. Fonzieate a parte, sta cercando i numeri (LE FORZE) per cambiare, subito, adesso, una legge sbagliata che tutti lasciano lì (5 Stelle inclusi, che proseguono con il loro democraticissimo «o tutti votano la nostra proposta già pronta o fanculo»). Ripeto: non conosco ancora la bozza Renzi, non ne ho idea, magari è pessima - leggo su Fatto.it (attraverso degli appositi occhiali con le molle che ho costruito con le mie mani per poterne leggere i titoli) che il "patto Molotov-Ribbentrop" riproporrebbe le liste bloccate: se così fosse, è ovvio, sarebbe una porcata bis. Lo vedremo, cosa sarà. Ma di sicuro, bella o brutta che esca, se la vuoi fare maggioritaria e la vuoi fare adesso, devi metterti d'accordo con il Caimano: perché grazie all'autoesclusione parlamentare del M5S è suo il secondo partito del Paese.
   Fassina che fa il militante indignato è credibile come Vanna Marchi, e testimonia tutto il posizionismo politicista dei dalemiani ancora arroccati nel PD: gente che si atteggia di sinistra adesso che è in minoranza, ma che quando è stata chiamata a governare ha sempre e comunque scelto un centrismo tanto realista quanto fallimentare. In parole povere: il realismo bipartisan nel nome del quale si è scelto di proporre Marini alla Presidenza della Repubblica è politicamente inferiore al realismo di Renzi che cerca in Forza Italia una sponda per cambiare la legge elettorale. In secondo luogo, chi non ha battuto Berlusconi alla scorse elezioni e per due volte ci ha fatto addirittura un governo non può certo fare la morale a chi, appena arrivato, sta mettendo realmente mano a qualcosa che è da cambiare - giocandosi, di questi tempi non è poco, la faccia: con pragmatismo, alla luce del sole, e senza false retoriche sinistroidi.
   Siamo sinceri: la sinistra italiana non è mai stata autosufficiente: dal 1948 a oggi, per fare qualcosa, qualsiasi cosa, ha sempre dovuto coinvolgere le forze alla sua destra. In un paese democratico, questa è la politica. Accettare questa regola base del comportamente politico significa essere intelligenti (e infatti Renzi mi ha stupito), e non implica affatto l'accettazione passiva di tutti «i realismi» cui quotidianamento veniamo sottoposti, perché non tutte le azioni intraprese nel nome della verità effettuale delle cose sono uguali: non sempre sono utili, nè sempre a fin di bene (come insegnano le varie dalemiate degli ultimi dieci anni). In ultima istanza, spetta a noi giudicare gli effetti e le motivazioni delle azioni politiche: di volta in volta, a partire dai risultati che producono, domani, nel sistema; e non, come troppo spesso facciamo, dalle emozioni che ci agitano, oggi, negli intestini. Certamente, per farlo, per esercitare il nostro (piccolo, ma esistente) peso democratico, abbiamo un bisogno disperato di due strumenti: una memoria di medio periodo e un sistema elettorale che ci renda soggetti utili. Non so cosà potrà fare Renzi per la prima (già distrutta dal Silvio), ma per la seconda sta lavorando, ahimé a modo suo, dentro e fuori il suo ancor più sciagurato partito.

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