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Renzi, Bersani e la genuinità

Creato il 17 ottobre 2012 da Giovannischiro @Giochiro

Qualche giorno fa su Facebook un mio contatto (bersaniana di ferro) pubblicava orgogliosa la oramai mitica foto della Famiglia Bersani alla pompa di benzina corredata di citazione “Se ti candidi per governare l’Italia devi raccontare anche qualcosa di te”. Con questa frase Bersani ha decretato la sua fine. Per lo meno, in campo di comunicazione politica.

Renzi, Bersani e la genuinità

La famiglia Bersani in uno scatto della metà degli anni ’50.

Renzi è sempre stato molto abile nella comunicazione, lo sanno tutti: entusiasta ma mai aggressivo, postura composta ma mai rigida, sorridente e con la battuta pronta. Un gran paraculo, insomma. Ma non è solo questo aspetto che lo caratterizza. Renzi, a nemmeno quarant’anni, è già maestro di story-telling, il suo vero punto di forza.

Renzi sa raccontare. Raccontare le piccole storie attraverso le quali fa avvicinare tutti intorno al fuoco ad ascoltare. È un’arte che ha imparato dagli Stati Uniti, verissimo. Ma è riuscito a mutuarla per bene al nostro difficile contesto italico e all’ancora più complessa compagine del Centro Sinistra, raramente incline agli USA (se si esclude Veltroni).

Renzi, Bersani e la genuinità

Mister Obama, mito per Renzi

I punti di forza di Bersani, non ci vuole uno spin doctor della Casa Bianca per capirlo, sono altri. L’esperienza, il conoscere la macchina Stato, avere la fedina penale pulita. Di certo non ha grandi competenze in ambito di comunicazione. Ma non perché non sia capace. È perché, come molti leader della vecchia guardia, vede la comunicazione come pura ed esclusiva forma a cui contrapporre i contenuti, veri prìncipi della Politica.

Renzi, Bersani e la genuinità

Bersani presenta la ”Carta d’intenti per il patto dei democratici e dei progressisti”.

Per tutta una vita è andato avanti così, col suo stile. Rispettabilissimo. Ora, però, che si sente minacciato dal “rampante di destra” affila anche lui le armi e ci prova. Da dire c’è che non ha scimmiottato lo stile fresco e giovane di Renzi, vendendosi per qualcosa che non è. Bersani ha declinato lo strumento a sua immagine e somiglianza. Da bravo sessantenne ha puntato sulla tradizione, sulle radici, sulla genuinità. Ma comunque è sceso nell’arena di Renzi. Quell’arena che il sindaco di Firenze sa gestire anche con notevoli doti di improvvisazione e duttilità, caratteristiche pressocchè assenti in Bersani.

Torniamo alla genuinità. In comunicazione politica è un elemento sempre alquanto relativo. O meglio, si veicola attraverso simboli che sono relativi. La settimana scorsa si è molto parlato di Renzi che ha utilizzato un jet al posto del camper. Ebbene, il camper è un simbolo che deve rappresentare la presenza sul territorio con uno stile semplice e un po’ fighetto (come il target di riferimento di Renzi). Il punto non è se abbia usato il jet o meno. Il punto è essere sul territorio e con gli impegni da sindaco, non è sempre facile starci dietro. Se il jet l’ha pagato con i suoi soldi, non ci vedo niente di sbagliato.

Renzi, Bersani e la genuinità

Matteo Renzi apre a Verona la campagna per le primarie del PD.

E invece Bersani e la genuinità? PG si mostra orgoglioso di partire dalle sue origini per la campagna elettorale. Ma lui, da Bettola, da quella piccola realtà democristiana (un unicum in Emilia-Romagna) se n’è scappato via presto: laurea in Filosofia a Bologna col massimo dei voti (niente di più lontano dalla pompa di benzina) e incarichi politici a Piacenza già dal 1980. Sognava una vita diversa da quella del padre meccanico, è evidente. Anche qui, quella di Bettola è un simbolo. Non significa necessariamente che Bersani sia effettivamente legato al paese di 3000 anime in cui è nato. Il punto è cosa rappresenta Bettola nella sua specifica narrazione.

In questo mostrare il suo personalissimo story-telling, Bersani arriva secondo. Come anche nel cominciare la campagna quasi un mese dopo rispetto al competitor Renzi. Senza contare la sua presenza su Twitter, Bersani è come se si fosse svegliato d’improvviso e si fosse reso conto che per vincere bisogna giocare.


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