Se guardiamo i giornali e le televisioni nazionali sembra che il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sia il leader più “critico” nei confronti della cosiddetta Europa, alla quale continua a imputare di non avere politiche di sviluppo e crescita.
Ma, tralasciando per il momento i dati del trimestre scorso, le cose non andavano affatto così. La Germania da anni ormai continua a crescere e nel primo quarto di quest’anno, aveva fatto segnare un incremento del proprio Pil a dir poco sorprendente, mentre l’Italia, come al solito fanalino di coda, non è mai uscita dalla recessione .
Quindi, per un tedesco, le politiche europee non sono affatto recessive, anzi, tutt’altro, la propria economia non è mai andata così bene, le aziende lavorano a pieno organico, il tasso di disoccupazione è ai minimi storici, e la Borsa di Francoforte sui massimi assoluti.
Nell’ultimo trimestre, ad onor del vero, qualcosa è cambiato, ma il dato negativo fatto registrare dall’economia tedesca ha motivazioni diverse e non imputabili “all’Europa”.
Principalmente il segno meno nel secondo trimestre, per quanto riguarda il Pil tedesco, è dipeso da due fattori: nel primo quarto dell’anno le condizioni climatiche, particolarmente favorevoli nel nostro continente, avevano permesso di “anticipare” alcune attività, soprattutto nel campo edile che quindi sono venute meno successivamente.
In pratica è l’esatto contrario di quanto accaduto negli Stati Uniti, dove il gelo polare aveva portato ad avere un risultato particolarmente negativo nel primo trimestre ed eccezionalmente positivo nel secondo (proprio per il naturale “recupero”) una volta ristabilite le normali condizioni climatiche.
La seconda causa è da ricercare nelle sanzioni economiche alla Russia che hanno particolarmente colpito le esportazioni tedesche verso quel Paese, in questo caso al danno economico già subito dalle aziende va aggiunto un cambiamento di “sentiment”. La crisi ucraina si aggrava di giorno in giorno ed è naturale che le prospettive future, al momento estremamente incerte, non aiutino l’economia che, come si sa, “si nutre” di stabilità.
Infine, ed anche questo è ovvio, non giova alla Germania la profonda crisi dei cosiddetti Paesi periferici, ormai non si tratta soltanto di Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, da tempo, nonostante se ne sia sempre sottovalutata la portata, dobbiamo annoverare fra i grandi malati anche la Francia che probabilmente diventerà il vero grande problema per l’eurozona.
Insomma, avete capito, Renzi continua con il ritornello dell’Europa per avere il capro espiatorio, in pratica è come se dicesse: “Le cose vanno male? La colpa non è mia, ma dell’Europa”.
In Italia questa tiritera può anche funzionare, dopo esser stata ripetuta migliaia volte in tutti i telegiornali, qualcuno può anche crederci, ma quando il nostro Premier si è azzardato, durante il discorso di insediamento al semestre di Presidenza italiana dell’Unione europea, a ribadirla anche in un consesso sovranazionale gli è stato subito rinfacciato da tutti i “partners” che dar la colpa agli altri delle proprie incapacità non è il miglior modo di presentarsi.
La cosa che poi non si capisce è: MA COSA VUOLE RENZI DALL’EUROPA???
Egli infatti ripete all’ossessione che intende rispettare tutti i vincoli europei, ed allora? Dov’è il problema?
Sembra proprio che in questo modo prenda in giro tutti gli italiani, da un lato, infatti, dà la colpa all’Europa della disastrosa situazione economica in cui versa il nostro Paese, dall’altro però schiaccia l’occhio ai burocrati di Bruxelles dicendogli “state tranquilli che eseguirò i vostri ordini alla lettera e non sforerò dai parametri, dico queste cose solo perché devo calmare l’opinione pubblica”.
Sotto questo profilo devo invece riconoscere all’ex sottosegretario all’economia, Stefano Fassina, di essere estremamente più onesto e sincero quando afferma che è assolutamente necessario superare il tabù del 3%. L’esponente della “sinistra” del Pd, perlomeno dice con chiarezza che occorre sforare decisamente la barriera del 3%, almeno per alcuni anni, la situazione economica, infatti, sarebbe talmente grave che non si può tergiversare oltre, o l’Italia viene sorretta da un’espansione senza precedenti della spesa pubblica o si va verso il disastro sociale.
Naturalmente sapete che questa non sarebbe la ricetta che mi sentirei di proporre per togliere l’Italia dalle secche, ma perlomeno apprezzo la franchezza, preferisco sempre avere un avversario magari duro e intransigente, ma franco e leale piuttosto che uno viscido e subdolo.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro