Renzi e il PD: dal tramonto all'alba (o viceversa)

Creato il 31 ottobre 2014 da Giuseppe Avignone @gavignone
In Italia pochi lo sopportano, all’estero qualcuno lo apprezza, nel suo partito quasi tutti lo temono. E’ Matteo Renzi, attualmente il personaggio più controverso del panorama politico nostrano. Partiamo dal suo partito. Il PD sta attraversando una trasformazione complessa ed obbligata dopo gli insuccessi degli ultimi anni e la scalata dell’ex sindaco di Firenze ha cambiato gli equilibri interni. La vecchia nomenklatura si arrocca intorno ai nomi di Bersani e D’Alema, mentre la componente più giovane si avvicina sempre di più alla linea renziana pur avendo trascorso esperienze precedenti al fianco della dirigenza storica. Opportunismo o no è un segno dei cambiamenti, di un ringiovanimento ed di una commercializzazione differente del prodotto politico in stile marketing pubblicitario. L’apparire è diventato più importante del fare e questo è evidente nella comunicazione del suo leader, con slogan e promesse che ricordano il populismo berlusconiano. La sinistra in passato non è mai riuscita a decifrare l’algoritmo del successo del (ex) Cavaliere, proponendo leader di spessore e di cultura raffinata ma spesso distanti dalle richieste popolari, oggi Renzi, invece, risponde ai canoni di una platea piatta e priva di alcun sussulto ideologico. Tuttavia, la lotta interna al PD non porterà a nessuna scissione proprio in conseguenza di quanto appena scritto: non gioverebbe alla “vecchia” dirigenza, alla ricerca di un nuovo leader vicino all’essenza di partito, e consentirebbe al Presidente del Consiglio di liberarsi di zavorre che però oggi sono certezza di voti. L’altra parte del mondo politico italiano certamente non lo acclama con il centro-destra che da un verso lo appoggia e dall’altro finge di fare opposizione e con il M5S che ormai teme la sua ascesa. Sia ben chiaro, si tratta di un timore collegato all’indiretta incapacità del Movimento di attrarre consensi presso la gente, quella che oggi sembra più interessata a promesse (gli 80 euro in busta paga o il bonus alle neo-mamme) che al “tutti a casa” sbandierato due anni fa e lontano dalla sua pur minima realizzazione.
All’estero, invece, Renzi gode di qualche favore e ciò in considerazione del suo "doppiogiochismo": da una parte la volontà di ricostruire l’Europa con i leader di Paesi una volta di primo piano ed oggi economicamente malmessi (Francia e Spagna) contro il potere germanico di palazzo e dall’altra l’appiattimento sulle richieste dell’UE in materia economica per non perdere il credito e l’aiuto della Banca Centrale Europea e degli altri interlocutori annessi. In definitiva, l’attuale status quo politico interno - che a volte rasenta l’apatia - non lascia prevedere grandi scossoni, ma la concreta probabilità di assistere ad una lunga parentesi renziana, che si autoalimenterà con il tempo grazie ad ingranaggi sempre più oleati e senza l’obiettiva possibilità di discontinuità. Pertanto nessun sussulto all'orizzonte: gli scontri sindacali, la lotta operaia e l’inizio degli "autunni caldi" di protesta non sono più di questa epoca, d’altronde le fabbriche in Italia sono ormai quasi tutte chiuse.

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