Gigi Montonato. Il vento – si sa – cambia direzione; ancor più, di questi tempi, quando è metafora politica. Onestà intellettuale impone di registrare i suoi cambiamenti. Abbiamo più volte stigmatizzato che nei confronti di Renzi la stampa moderata ha avuto sempre un occhio di riguardo, non riprendendone mai gli eccessi offensivi quando non comici e caricaturali. Allo stesso modo registriamo l’inversione di tendenza, che sta prendendo consistenza dopo le intemerate di Juncker.
Paolo Mieli, sul “Corsera” di lunedì, 25 gennaio, è stato abbastanza esplicito nell’editoriale d’apertura “La politica (sbagliata) dei toni alti”. Un excursus storico, che, dopo aver toccato la questione scottante dei giorni nostri, a proposito dei vanti che Renzi butta come coriandoli di carnevale, conclude: “per quel che riguarda i nostri successi, il ruolo nuovo che abbiamo conquistato nel consesso internazionale, aspettiamo che siano gli altri a prenderne atto. Le lodi che ci diamo da noi, valgono poco, anzi niente”.
E sempre sullo stesso giornale Paolo Valentino riferisce di un diplomatico Ue, rimasto anonimo, che pur riconoscendo a Renzi di aver “probabilmente ragione sul 70 % delle cose che dice”, sbaglia a fare la guerra a tutti, perché essa non paga e usare con i partner europei lo stesso linguaggio che usa coi suoi avversari in Italia è del tutto improprio e crea problemi di comprensione e conclude che “Renzi non ha un pensiero strategico sull’Europa, che considera quasi altro da sé”.
Anche Massimo Cacciari e in parte anche Ezio Mauro, ospiti di Lilly Gruber a “Otto e Mezzo”, lunedì, 25 gennaio, hanno avuto parole di critica per Renzi, rottamatore di uomini ma non di pratiche politiche (Cacciari).
Perfino dopo l’incontro Renzi-Merkel di venerdì, 29 gennaio, i commenti non sono stati benevoli nei confronti del nostro presidente del consiglio; e anzi più di uno ha adombrato qualche rischio per l’Italia, che potrebbe rimanere isolata in Europa.
Insomma, s’incomincia a parlare di Renzi seriamente, senza piaggerie e senza silenzi. Se si continuerà, si vedrà; per ora prendiamone atto.
Apripista di questa inversione critica nei confronti di Renzi non c’è dubbio che è stata l’Europa. Dove l’«unto» di Napolitano si è fatto riconoscere per quello che è: un “noisy boy”, un ragazzo chiassoso, rumoroso, invadente; in una parola, fastidioso. A Firenze, nella sua Firenze, i tipi come lui li chiamano “bombardini”. Lo sanno anche i suoi vicini di casa. Voglio dire, non è che in Italia non è stato capito subito chi è; ma è stato un po’ assecondato e un po’ giustificato. Quanto colpevolmente è un altro discorso. In fondo, a chi giova mandare tutto a carte quarantotto quando nei paraggi non c’è nulla in alternativa? Renzi è quello che è, un bombardino, ma intorno a lui non c’è altro.
Renzi non è Berlusconi, odiato a morte da democratici di ogni risma, in Italia e in Europa. L’odio che si è attirato finora Renzi, paradossalmente dai suoi stessi compagni di partito, almeno quelli di sinistra, è tutto in quel suo essere una sorta di caricatura di capo di governo, una sorta di peluche che però morde e graffia. Non si sottovaluti l’immagine in politica. Renzi, nonostante ostenti disinvoltura, tradisce un certo impaccio; come chi si trovi in una certa situazione e avverta una certa inadeguatezza. A questo aggiungasi quel modo di essere tipico dei toscani, i quali sono convinti di essere dispensati dal comportarsi secondo un modello condiviso e pensano che debbano essere gli altri ad adeguarsi a loro; un po’ come fanno con la lingua, che è l’italiano perché è il toscano.
Quelli che gli stanno attorno, in una sorta di cerchio magico, lo sanno meglio degli altri, ma lasciano fare e dire perché sono interessati ognuno alla propria carriera; hanno capito di essere una cordata e che se cade lui trascina tutti gli altri.
Ormai lo hanno capito anche quelli che non sono del suo partito, del cosiddetto centrodestra e, ultimi ma non ultimi, i verdiniani di Ala. Tenerlo in piedi e fingere di essere d’accordo conviene.
Renzi dice che se fallirà con la sua riforma elettorale, abbandonerà la politica. Altra minchiata! Viene di chiedersi: e che farà? Non risulta di aver abbandonato un’attività lavorativa, né piccola né grande; non risulta essere un professionista in carriera. Risulta davvero difficile trovare tra i tanti capi di governo dall’Unità d’Italia in poi uno culturalmente e professionalmente come lui. Abbiamo espresso sempre fior di intelligenze e di capacità; e perfino i politici di professione, quelli che non venivano dalle università o dalle istituzioni, alla Craxi, per esempio, erano di ben altra statura.
Il problema politico del momento purtroppo s’avvita intorno a Renzi. Ci sono tanti, oggi in Italia, dai trenta ai quarant’anni, che non hanno conosciuto il dibattito vero della politica, che in Renzi vedono un modello, uno che finalmente le cose le dice e le fa, e snocciolano le riforme e perfino le riformette e gli slogan. Dicono: finalmente! Non hanno termini di paragone, non conoscono il passato, né prossimo né remoto. Lo esaltano per aver detto che i furbetti del cartellino saranno licenziati entro 48 ore, ma non ricordano che quando solo pochissimi anni fa una legge contro i fannulloni la fece Brunetta Renzi e compagni oltre che dirsi scettici, oltre che ad irriderla, la osteggiarono e votarono contro.
Questa è l’Italia di oggi, fatta di soggetti senza memoria, né corta né lunga. Sono digiuni di informazioni come anoressici. Non sanno e non vogliono sapere, perché in tasca hanno tutte le risposte, una strisciata sul display dello smartphone e sanno vita, morte e miracoli di tutti, salvo a dimenticare tutto appena riposto in tasca l’apparecchio. Allora, perché studiare, perché imparare? Non c’è bisogno. Sono talmente sazi di nulla che non hanno capito che la cultura è qualcosa che va oltre l’erudizione, i saperi; la cultura sono i saperi lievitati. La cultura è ciò che resta dopo aver imparato tanto e dimenticato tutto. Non sanno neppure questo. E la memoria non l’hanno esercitata per nulla, ed ecco perché dimenticano il giorno dopo le cose sentite e viste il giorno prima. Questa gente rappresenta il futuro dell’Italia. E Renzi ne è il campione.