Anna Lombroso per il Simplicissimus
Possiamo dire che è un cretinetti quello che si vanta di adoperarsi per l’Europa guardando a sé come al ragazzino che salvò l’Olanda ficcando il dito nella falla della diga. Ma possiamo anche dire, no? che sono cretinetti quelli che sperano che grazie a lui l’Ue chiuda un occhio, ci risparmi qualche sopruso speciale e dedicato, che non c’è bisogno di umiliarci di più di quanto abbiamo fatto da soli, qualcuno perfino votandolo, molti ritenendo che la rinuncia a lavoro, diritti e democrazia sia un prezzo necessario, ma sopportabile a garantirci la sopravvivenza.
È che la sopraffazione che esegue l’Ue agli ordini dell’impero sopra la sua testa coronata di iniquità, sacrifici, pene, ferocia, si manifesta con spirito di vendetta, con intento perversamente pedagogico con gli osa alzare la testa o almeno fa mostra di farlo. Mentre con noi finora non ce n’è stato bisogno: qualcuno ha precorso le punizioni, addirittura più realista del re e avendo fatto dell’ideologia criminale che muove le azioni dell’impero occidentale al declino, il suo credo.
Ma non c’è mica da stare tranquilli, è probabile che non basti tanto zelo da superare la leggendaria lettera della Bce, i diktat contro i Pigs, il ricatto e l’intimidazione come sistema di governo, una riforma del lavoro che uccide il lavoro e una riforma elettorale che uccide la partecipazione, è probabile che non basti una dichiarazione di cieca fedeltà al giorno, e nemmeno quel marketing aberrante messo in pratica per liquidare beni comuni, proprietà collettive, istruzione e assistenza pubblica. Può darsi che non basti e non per insufficiente ubbidienza, per manchevole sottomissione, ma per la pura e semplice incapacità dimostrata anche a fare il garzone di macelleria, per l’evidente inadeguatezza ad agire di un ceto dirigente, pronto a qualsiasi miserabile azione chiamata riforma, pur di restare in sella sui cavallucci di legno che dondolano allo schioccar di frusta del guardiano del giostre.
Eh si, liberalizzazione totale delle professioni e del commercio; privatizzazione della rete elettrica; revisione dei contratti nazionali di lavoro e riconoscimento dei licenziamenti collettivi; accelerazione delle privatizzazioni, cessioni di compagnie aeree, 14 aeroporti, ferrovie e autostrade. Di telefoni e reti elettriche, di spiagge, coste, isole, patrimonio immobiliare, i porti del Pireo e di Salonicco: tutto questo fa parte del nodo scorsoio che stringe al collo la Grecia dopo il voto. Per noi non c’è stato bisogno che l’Ue inalberasse il cartello “vendesi”. Il governo, come altri governi prima avevano cominciato a fare come prezzo e pena collettiva per un debito pubblico imputato alla cittadinanza, ha voluto prevenire l’orma del tallone di ferro impresso dai generali della lotta di classe alla rovescia, contro popoli, stati, lavoratori e cittadini, con la capitolazione al padronato globale, al potere proprietario, quello delle rendite, dei latifondi, della multinazionali, del casinò finanziario. È stata chiamata di volta in volta “Cambio verso”, “Sblocca Italia”, “Principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana”, “Semplificazione”, “Buona Scuola”, “Legge di stabilità”, l’intento è sempre quello dell’alienazione dei beni comuni, dell’espropriazione sociale, incuranti che privarsi di beni e servizi per realizzare un’entrata straordinaria e occasionale, comporti la perdita definitiva di asset strategici, ciechi di fronte al fallimento della più grande operazione di privatizzazione degli ultimi 150 anni e effettuata proprio da noi: quella dell’intero sistema bancario e finanziario, indifferente ai casi esemplari nostrani e non, dalla nostra cartolarizzazione alla cessione dell’assistenza sanitaria o delle poste in Gran Bretagna, caratterizzati da una perdita della qualità dei servizi a fronte dell’incremento dei prezzi.
Tutto questo insomma è già cominciato: l’aspirazione di convertire i servizi pubblici locali, a partire dall’acqua, da soggetti di garanzia del godimento di diritti universali, a “soggetti strategici in un mercato redditizio e competitivo” al servizio dei capitali finanziari, troverebbe risposta intanto nell’accorpamento delle più di mille società territoriali operanti sei settori dell’acqua, del gas, dei rifiuti in 4-5 colossi multi utility. Non serve particolare lungimiranza per prevedere cosa succederà, prima ancora che l’Europa ce lo chieda: fusione tra società di servizi pubblici locali sotto un gestore unico per ogni ambito territoriale ottimale, attribuzione a una autorità di nomina governativa del ruolo di “controllo” esterno, riduzione drastica del potere amministrativo e di vigilanza degli enti pubblici nei consigli di amministrazione, libertà di aumentare le tariffe secondo criteri di “mercato” assolutamente arbitrari e l’applicazione di indicatori geografici o territoriali discrezionali, licenziamenti. Insomma un pacchetto di benefici già pronti e appetitosi per invogliare quei colossi, alcuni dei quali facilmente identificabili: Acea, A2A, Iren, Hera, Start Grid Corporation of China che ha aumentato il suo appetito con un bell’aperitivo: l’acquisizione di Cdp Reti, la società di Cassa Depositi e Prestiti, che deteneva il 30% di Snam (gas) e il 29,85% di Terna (energia elettrica).
Sarà contenta l’Europa, possiamo dormire sonni tranquilli noi, in virtù della solerzia e della sollecitudine del grullo e dei suoi cari? No, non è detto. Perché – per una volta fortunatamente per noi – siamo nelle mani di pasticcioni, inetti, che non stanno attenti in classe e fanno male i compiti a casa. Perché ognuna delle “riforme” epocali del governo prevede decreti attuativi che la trasformino da annuncio propagandistico, da pacco pieno di cattive sorprese, in azione, in fatti, e che non vengono promulgati, malgrado i testi di leggi impongano scadenze rigide, come nel caso della collocazione in borsa delle azioni delle aziende che gestiscono servizi pubblici, che dovrebbe partire proprio dal prossimo mese di agosto.
Saranno guai per il valletto della Merkel, quando l’Europa intenta a accelerare la conclusione dei patti infami del TTIP, quando i G8 che hanno sottoscritto la «Nuova Alleanza per la sicurezza alimentare e la nutrizione», che immaginiamo avrà ispirato quella Carta di Milano che dovrebbe giustificare il Gran Ballo Excelsior dell’Expo, si accorgeranno che malgrado la buona volontà il loro apprendista poteva fare di più, che giace inattuata la legge urbanistica che punisce i proprietari che si sottraggono alle speculazioni, che è frustrata per mancanza di fondi ma anche per alcune resistenze encomiabili la smania costruttivista dello Sblocca Italia. Che forse, se ci impegniamo, potremmo anche bloccare le trivellazioni, dire no a qualche scavo, fare opposizione a qualche taglio dei trasporti locali, imporre il rispetto dei referendum vinti, insomma, invece di fare le pulci alla Grecia, imitarla nell’esigere il rispetto della volontà popolare e per difendere l’interesse generale, mostrare all’imperialismo globale che abbiamo più paura dell’umiliazione e della disperazione che della loro vendetta.