Renzi: oltre l'Ultima Spiaggia

Creato il 15 giugno 2013 da Danemblog @danemblog
Prima revers larghi, quasi imbarazzanti, giacche un po' troppo lunghe e pantaloni con fondo oltre i 17,5 centimetri. Quasi non a suo agio, si direbbe. Matteo Renzi è più casual, più rapido, più veloce. Sta meglio in chiodo e chinos, piuttosto che in abito formale: allo stesso modo in cui è più comodo dentro Amici che alle direzioni di partito (che poi sarebbe da dire, dove di amici non è ha troppi, ma su via, senza polemiche). Adesso quelle giacche invece, sono diventate terribilmente alla moda, revers stretti e cravatte smilze – alla Hedi Slimane, per dire – e bene sia: perché con quei vestiti di prima, bastava scivolare nel tweed per somigliare tremendamente a Mr. Bean.
Si scherza, ovviamente.
Ma è tutto lì il punto: lo scherzo, il gioco, l'ironia e l'auto-ironia: l'intelligenza, di chi si fa fotografare in versione #mustache dalemiano per scommessa col Trio Medusa o di fianco alla parodia in carta pesta del carnevale di Viareggio, e chi si ingessa con i millerighe e il taglio di capelli da catalogo nordcoreano.
È la post-politica? Sì, no, forse. È qualcosa di diverso, sicuro, rispetto a quello che la politica di sinistra ha offerto finora. Che poi in realtà, sarebbe stato qualcosa di diverso quasi un paio di anni fa: qualcosa di nuovo ai tempi, che ancora continuiamo ad aspettare, data l'aridità che ci circonda.
Renzi, invece, è una spugna: uno che capisce quello che c'è da assorbire e quello che occorre lasciar scolare. Renzi, dato anomalo per uno di sinistra di questi tempi, capisce quello che c'è intorno a lui. Capisce la realtà, capisce la gente. E da quella gente, da molta, è capito: udite, udite! Talmente tanto che se ci fosse stato lui alle elezioni di tre mesi fa, staremmo qui a parlare di "renzismo". E invece.
Ma resta comunque una parte di elettorato che continua – anche qualche commento in quello spazio su Europa, Leopolda, ne è limipida conferma – a non capirlo. Si tratta di gauchisti dell'ultim'ora o di altro? Perché per i guachisti non c'è medicina, rimasti fuori dai Vault del moderno pensare, ostinatamente accecati da una muleta, che nemmeno Joselito sarebbe in grado di fermare. Meglio andare sugli altri: quelli che non sono del tutto convinti, abituati a roba diversa, non pronti a questa specie di rivoluzione pop della sinistra italiana.
E perché si sa: non è questione di gouche caviar, si tratta semmai di intellectual chic de nonantri. Maria de Filippi è abominevole, ce l'hanno insegnato: si pensa a Gao Xingjian, mica a Federico Moccia. Perché un bel pezzo di sinistra italiana è ancora un po' Capalbio, nonostante l'Ultima Spiaggia quasi se lo portava via il mare (che sia un segno?). Ed è su quel modello che si è basato e formato finora un bel pezzo di elettorato, creando un'intellighenzia rossa di borgata (salvo poi rimediare al vulnus col panino con la frittata). Gente ancora distante dal Renzi mainstream: legittimamente al limite, incolpevoli in fondo, la responsabilità è semmai di quelli che sono stati gli educatori. Quelli che hanno fatto passare Renzi, per un Bel Amì bardato alla Arfio Marchini: che ci vuoi fare se a loro è sempre piaciuto più Cruscev di Malenkov. Insomma, non puoi prendertela con il ventenne che ha votato Bersani, perché gli han detto che Renzi era un "fascistoide", un liberal, il male, la peste. La colpa è di chi insegna: dei modelli, appunto.
La distanza aumenta poi, se si va oltre l'estetica, ma verso l'etica renziana. Disturba l'individualismo da leader naturale, importuna l'ambizione, infastidisce il realismo e la pragmaticità, turba l'approccio smart, ché si è troppo abituati e legati, ancora, alle riunioni fiume con i discorsi oltre l'ora. E poi Renzi è giovane, e diciamocelo in faccia: in questo paese, ancora (ripeto), se sei giovane ed hai delle buone idee, c'è ancora (ripeto di nuovo) chi ti guarda storto, diffidente, quasi impaurito. Se poi la scelta semantica, è caduta su un termine come "rottamazione", tutto incrementa esponenzialmente, in un modo che nemmeno Fourier con la Trasformata riuscirebbe a spiegare. Panico, angoscia, ansia, perché in bilico c'è la sopravvivenza. E tutto ricade su quegli altri, quelli che si fidano, che accedono ai modelli, e da quelli si formano: gli elettori dai quadri partitici.
L'obiettivo più importante, da qui al congresso, allora è lì: recuperare quei voti "interni" (ahimé ancora di gran lunga più numerosi di quel che si crede), passaggio che sarà molto più difficile che calamitarne di "esterni". Voti veraci, voti di gente di sinistra, voti indottrinati e da rendere liberi. Come fare è un arcano. Perché se si fosse veramente scevri basterebbe un attimo: ci si guarderebbe intorno e si ripercorrerebbe quel che è successo fino a l'altro ieri, e tutto finirebbe lì. Ma l'ideologismo batte l'idea a tavolino, ancora. E la formazione è qualcosa di recondito, di acquisito, di automatico e strutturato, quasi pavloviano.
Proprio su quest'avverbio, "ancora", si giocherà la partita: molto più che su "adesso", perché che questo sia il momento, si sa. Per conquistare la fiducia e liberare le anime da quel che era il passato, occorrono i fatti, però senza passi falsi, schietti e diretti, senza dar adito a supposizioni. Occorre che si tolgano paraocchi, si cambino concezioni ancestrali, si rivoluzioni il pensare.
Mica facile.
La via imboccata è giusta: esprimere sommessamente, quasi per non disturbare adesso, il dissenso verso questa sghemba alleanza di governo, è un passaggio in quella via. Male sarebbe stato scivolarci su, come per il Quirinale. Lo stesso vale per il lavorone fatto in giro per l'Italia per i ballotaggi: lavoro che porterà anche un fine personale (lo dico per non sembrare ingenuo) è vero, ma è innegabilmente un lavoro speso per il Partito.
Andare avanti, dunque. Oltepassare il guado (pieno di coccodrilli, anche giornalistici, che aspettano). Perché, come diceva Paciolla, quell' "abito marrone di Occhetto resta nei nostri occhi": ma il paese è di quelli che quell'abito l'hanno visto dal passeggino e non dal palco. Memorie affettive, ultimi baluardi di un bel tempo che fu (se fu?!), sono cosa che non ci interessa. Quello che ci interessa è che tutto questo non continui ad inquinare il domani, fatto di quei passeggini e dei loro componenti, purtroppo educati con i mezzi disponibili ai tempi.
Superare questi pregiudizi. È questo che continua ad essere il problema ontologico intorno a cui si dipana il Daseyn nel Pd. La sinistra della superiorità intellettuale (etica ed estetica, badate bene): è quello che ci ha affondato. Superare gli stereotipi e quello che si portano dietro, concetti zavorre, e aprire gli occhi ad un nuovo modo di essere sinistra, anche dal punto di vista della presenza esteriore. 
Che non significa assolutamente, perdere il senso della parte in cui collocarsi. Tutto questo è Matteo Renzi, e lo sarà il Pd con Renzi.

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