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Renzie e Fico: italiani da antologia

Creato il 14 giugno 2013 da Albertocapece

CalandrinoAi ragazzini delle scuole medie si fa credere che Boccaccio o Manzoni o Tomasi di Lampedusa siano degli scrittori, la cui felice invenzione non va confusa con la realtà. Certo nelle scuole la carità di patria è  uno dei pochi vessilli rimasti e quindi si cerca di nascondere che essi furono dei fedeli e implacabili cronisti del nostro paesaggio umano: Calandrino, Don Abbondio, i bravi e Tancredi di Salina, ma anche la “folla” di Ser Ciappelletto o quella del’assalto al forno o i “cafoni” che votano l’annessione su ordine del padrone, sono fra noi sotto altre spoglie.

In compenso i personaggi della cronaca umana e politica sembrano usciti dalla letteratura. Non parliamo dell’Innominato, dei signorotti e dei loro bravi dell’universo berlusconiano e partitico che sopportiamo da decenni. Anche il nuovo romanzo non delude.   Il Renzi- Calandrino, sempre attavolato con ricchi e potenti anche se a spese nostre, si veste da Fonzie per rappresentare il nuovo e il limpido, non perde occasione per sembrare fuori dagli schemi pur essendone immerso, nasconde i nomi dei suoi grandi finanziatori, fa continui atti di fede nell’efficienza tanto da indignarsi con corrugata fronte perché Ingroia è andato in Guatemala e poi si è preso un mese di ferie appena messo piede nell’esilio di Aosta. Però si scopre che Renzi è, dopo Alemanno, il sindaco più assenteista d’Italia, tanto che nel 2012 ha partecipato solo ad 8 sedute di consiglio su 45. Che mentre era impegnato a far buchi a Palazzo Vecchio per ritrovare un inesistente Leonardo, si è lasciato sfuggire 36 milioni e passa di euro della comunità europea per la tramvia veloce: il project financing che  già dal nome parrebbe proprio una delle cose che piacciono al Renzi è stato un grandioso fallimento e guarda caso ci sono stati ritardi per il fallimento delle due prime società appaltatrici, mentre l’ultima, la romana Impresa Spa è in gravi difficoltà finanziarie.

Pare una storia calabrese tutta da approfondire e di Fonzie- Renzi il minimo che si potrebbe dire è: tu t’ha ritinto ‘l tetto ma tu ‘n t’intendi ‘n tetti ritinti. Dovunque il sindaco di Firenze sarebbe considerato quanto meno un personaggio folkloristico, visto che tra l’altro non si è mai lasciato sfuggire un pensiero politico. Da noi invece è nientedimeno che la speranza di riscatto del Pd.

Per fortuna c’è un’opposizione. E ieri sera a Otto e mezzo è comparso il pentastellato Roberto Fico, neo presidente della Commissione vigilanza Rai, apparso nel giro di pochi giorni sia dalla  Annunziata che dalla Gruber, tanto da non aver avuto ancora il tempo di convocare la commissione stessa. Assalito all’arma bianca sulla vicenda della senatrice Gambaro, dopo una carrellata di sofismi imbarazzati sugli streaming inesistenti, sulla organizzazione del gruppo parlamentare e sulla stessa figura di Grillo che neanche De Mita, si è dichiarato a favore dell’espulsione con un argomento evasivo e in piena linea con i papocchi del politichese più marcio, sostenendo che è giusto mandare via chi non aderisce più al programma sottoscritto. Peccato che la senatrice Gambaro non abbia mostrato alcun segno di “devazionismo ideologico” ma sia accusata solo di aver detto che Grillo ha sbagliato la campagna elettorale. E allora si dovrebbe dedurre che nel programma del M5S sia scritto che Grillo ha sempre ragione nonostante non sia il leader, ma uno che vale uno. Certo con molti zero a seguire la cosa cambia aspetto.

Insomma l’impressione alla fine è stata che il “libertador” esteticamente corretto, non sia altro che l’ennesimo marpione in politica, assai lontano dal senso che molti avevano dato ai cinque stelle. E questo sarebbe il meno se l”uomo delle espulsioni per reato di opinione, non fosse quello che dovrebbe difendere e semmai allargare la libertà di opinione nel servizio pubblico, sottraendolo per quanto possibile alle fauci dei partiti. Ma sono pronto a fare qualunque scommessa sul fatto che Fico finirà per essere ben presto solo una foglia di Fico dello statu quo ante. Un Tancredi di Salina. Inutile dire che il parlamentare, certo più dialettico del movimento, è in un certo senso la speranza del M5S.

Ecco perché tra tante speranze, si fa strada la disperazione.


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