Il più lanciato è stato sicuramente il New York Times, che ha riportato un'interessante lettura a firma di Hugo Dixon (editor at large di Reuters News) in cui si è parlato di «via di fuga all'instabilità politica» che ha tristemente caratterizzato il nostro paese - una «nuova speranza per l'Italia». Secondo Dixon è un bene che si miri al rafforzamento dei grandi partiti - così come che si proceda alla riduzione dei poteri della Camera alta, il Senato, e all'eliminazione del flemmatico bicameralismo perfetto. Ma esprime dubbi sulla reale attuazione dei piani: la diluizione con lo scopo di ottenere l'appoggio alla riforma anche dai piccoli partiti, potrebbe ridurre gli estremi della riforma. Figura chiave, secondo Dixon, sarà Alfano, a cui potrebbe essere dato un «contentino» in cambio di un altro anno di sostegno al governo Letta. Ma secondo Dixon, se Alfano dovesse decidere di mollare . e dunque la riforma elettorale passare senza troppe modifiche - «potrebbe essere un bene per l'Italia» che porterebbe sì alla caduta del governo, ma vedrebbe un Renzi lanciatissimo per la vittoria alle urne. Dixon tuttavia è stato critico sia con Letta - che «non ha ottenuto molto in questi nove mesi» ed è «sempre più subordinato a Renzi» - sia con Renzi - che da quando è stato eletto segretario «non ha fatto altro che frustare Letta e accusarlo di metterci poca energia». Tutto si giocherà sulle riforme: «Se Renzi riuscirà a far seguito all’accordo sulla riforma costituzionale con Berlusconi, partendo con un programma incentrato sul lavoro e sui tagli alla spesa, le prospettive italiane miglioreranno per la prima volta in tanti anni», e a quel punto «Renzi dovrebbe metter via la frusta e dare a Letta il suo pieno sostegno».
Dell'incontro di sabato, si è occupata anche la BBC, che ha parlato di un Berlusconi «rimesso al centro della scena» e ha sottolineato - tramite il corrispondente romano Alan Johnson - che il colloquio ha diviso la coalizione di governo, tanto quanto il Partito democratico.
Anche Reuters ha messo in evidenza le possibili implicazioni di quello che si è detto e fatto al Nazareno, calcando la mano sulla retorica delle immagini di Che Guevara e Fidel appese ai muri della sede del Pd, sulla «ironia di Berlusconi che entra nella sede degli eredi politici del partito comunista che ha a lungo denigrato», e dando spazio alle repliche indispettite di Alfano.
La notizia è stata data e commentata pure dal Washington Post, che ha declinato l'analisi incentrandola più su Berlusconi, che «nonostante la condanna e la decadenza dal Senato, è ancora alla guida del partito che egli stesso ha creato e insiste su un ritorno politico a dispetto dei suoi travagli giudiziari».
(Waiting for: la riunione di direzione Pd di oggi pomeriggio, per capire dove andremo a parare).
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