Fame, sovraffollamento, malattie e maltrattamenti sono le principali cause di morte nelle carceri congolesi secondo l’Onu e il Monusco (Missione Onu per la stabilizzazione del Congo).
E si muore sempre di più, se si guardano i numeri delle statistiche.
Solo nel corso del 2012, rifacendoci al rapporto congiunto dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e ai dati del Monusco, i morti sono addirittura raddoppiati.
E non è neanche difficile immaginare lo scenario specie se si prende in considerazione, nell’insieme, il contesto del Paese continuamente martoriato da guerre intestine e/o contestazioni che non finiscono più.
E le conseguenze di questa conflittualità, che è ormai quasi permanente, sono negative anche per chi è fuori dalle carceri e potrebbe provvedere al familiare o al parente, rinchiuso nel luogo di detenzione.
Quando non c’è trippa per gatti,si muore di fame tutti. Dentro e fuori le carceri. Non c’è scampo.
I numeri del rapporto Onu,infatti, sono spaventosi.
Goma, per esempio, in merito al sovraffollamento e relativamente all’anno 2012, presenta un tasso di occupazione delle carceri che supera l’800% della capacità numerica della prigione.
Lo stesso si può affermare della prigione di Makala a Kinshasa.
I morti di Makala erano stati 54 nel 2010, 56 nel 2011.
Complessivamente i luoghi di detenzione nella Repubblica Democratica del Congo, presi in esame dal Rapporto, sono in tutto ben 222. E i detenuti, nel Paese, sono 20 mila su di una popolazione di 68 milioni di abitanti.
Tra le morti le cause principali sono in particolare il soffocamento, dovuto a spazi angusti e non ventilati e, soprattutto, la malnutrizione, che rappresentano i principali fattori responsabili.
Si aggiunga che l’assenza di cure mediche crea poi una promiscuità pericolosissima per i detenuti.
E, infine, ci sono i maltrattamenti che non si contano, e quasi dappertutto e con scarsissime eccezioni.
Il peggio di questa situazione carceraria è ,inoltre, il fatto che le autorità congolesi abbiano fatto e facciano ricorso alla detenzione provvisoria in maniera sistematica contro quelli che sono i dettami che la Costituzione del Paese impone.
Lo Stato in questo caso, e sempre secondo il rapporto in questione, esula da quelli che sono i suoi doveri in quanto sarebbe un suo specifico obbligo quello di mantenere i detenuti vivi e in buona salute in base a quelli che sono gli standard internazionali, che a suo tempo avrebbe fatto propri.
Pertanto, preso atto della drammatica situazione, occorre affrontare presto e bene tutto questo insieme di problemi anche se, per mille motivazioni, centrare l’obiettivo non sarà certamente un'impresa facile.
Soprattutto,però, se si vuole iniziare e partire con il piede giusto, sempre secondo ciò che emerge dai dati del rapporto Onu-Monusco, bisogna dichiarare, senza indugi o timori, guerra aperta alla corruzione e alla mancanza di trasparenza nella gestione delle prigioni.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)