Report e social network. Il diavolo e l’acqua santa

Da Pinobruno

A chi parlava la puntata di Report di ieri sera su social network e dintorni? Suppongo che il target individuato fosse generalista, non specialistico. In tal caso mi è sembrata un po’ troppo superficiale, perché ha privilegiato la dark side, il lato oscuro del web sociale. Attenti, hanno detto Milena Gabbanelli e Stefania Rimini, c’è ben poco di “democratico” in Facebook, Google, Twitter e compagnia. L’unico interesse dei californiani è fare soldi. I dati personali, i gusti, le simpatie e le antipatie degli utenti sono la merce del web 2.0. Insomma, “Il prodotto sei tu” – è il titolo dell’inchiesta – e tutto il resto sono cavolate.

L’effetto – voluto? – è ansiogeno. Dopo aver visto la puntata vien quasi voglia di spegnere il computer, cancellare tutti gli account e sparire dall’orwelliano mondo digitale raccontato da Report. Certo, un’inchiesta televisiva non può essere esaustiva. Non lo è mai. Se però l’approccio è criminalizzante (oltre che ansiogeno), il risultato rischia di dare fiato a chi la rete la vuole sotto il controllo dei governi e delle Authority. Non aspettano altro. Anzi, ci provano di continuo.

Facebook e Google non sono il paradiso, ci mancherebbe. Non sono neppure l’inferno descritto. Il problema della privacy è serio, ma va affrontato nei giusti termini. Le continue proteste degli utenti hanno costretto più volte Zuckerberg a fare marcia indietro.  Andarsene, sbattere la porta – io l’ho fatto due anni fa – non ha più senso, oggi. Meglio restare e fare squadra, per indurre i gestori dei social network a confrontarsi e correggere la rotta. E’ già successo e può succedere ancora. L’importante è essere cittadini (e non sudditi) anche nel mondo digitale.

Proteggersi il più possibile, modificando le impostazioni di default, resistere alle lusinghe delle applicazioni sospette, dei giochini scemi, scegliere la navigazione protetta con HTTPS, adottare password alfanumeriche robuste, non dare l’amicizia a chicchessia, non cliccare sui MI PIACE delle aziende. Farsi furbi.

Gran parte dei problemi degli utenti dipende dalla superficialità degli stessi. Report ha avuto il pregio di sottolineare questo aspetto. Tutti chiudono a chiave casa, ufficio e automobile, ma poi frequentano la rete senza preoccuparsi della sicurezza (personale, dei figli, dei dati aziendali e familiari). Poi si indignano quando scoprono che il computer è infestato di malware, virus, trojan worm e tutto il bestiario digitale. Non aprirebbero la porta a uno sconosciuto ma cliccano su qualsivoglia link di una mail spedita da una presunta banca o ufficio postale.

Ha prevalso la dark side. Occasione mancata. Gli utenti hanno bisogno di essere educati, alfabetizzati, resi responsabili, non terrorizzati…


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