L'inchiesta di Paolo Mondani mi ha fatto ricordare le parole del premier sulla crosta del potere che, primarie o non primarie, non è facile scalfire. Perché quando si parla di Eni si parla di energia, quella pagata a caro prezzo dalle imprese, che blocca lo sviluppo dell'industria. Si parla dei rapporti dell'Eni con la Russia di Putin, con la Libia di Gheddafi (e dei nuovi governanti ora). Rapporti dove è facile mescolare politica e affari, con tutte le conseguenze del caso.
Si parla anche delle commissioni, per questi affari coi paesi esteri, per facilitare accordi e contratti: commissioni che, in gergo comune si chiamano ancora meno ipocritamente tangenti. Si parla di persone come Bisignani: dei manager che con la gestione Scaroni se ne sono andati e di quelli “vicini” a Bisignani, finito poi indagato per l'inchiesta P4. Che gli idrocarburi siano qualcosa di opaco lo posso anche capire, ma che anche i contratti che l'Eni di Scaroni ha stipulato con la Russia lo siano, lo capisco di meno. A parlare dell'Eni di oggi, sono solo ex dirigenti, come Gaetano Colucci e Marco Reali (responsabile Eni in Russia).
Come anche capisco poco le parole che
nascondono una velata minaccia per la Gabanelli, riferite ad inizio
puntata: “stai attenta a come parli”.
Cosa c'è da nascondere in una azienda
di stato, strategica, che si prende i soldi delle nostre
bollette?
Perché l'azienda non ha accettato di rispondere alle
domande del giornalista: solo un talk show in diretta, pretendeva.
Magari uno di quei talk show dove ci si parla uno sopra l'altro, dove
ti porti dietro la claque, dove le domande scomode sono
bandite.
Ecco, Paolo Mondani ha cercato di trattare tutta
questi aspetti della nostra azienda di energia: gestita dal 2005
da Paolo Scaroni (con una condanna per tangenti con l'Enel alle
spalle), che ha preso il posto dell'ex amministratore Mincato.
Un
manager da 4,8 ml di dollari: per questo stipendio, ci aspettiamo che
il suo compito sia ben chiaro. Andare in giro per il mondo per
trovare l'energia al prezzo più basso per il nostro paese. Come
faceva Enrico Mattei, che era andato a trovare petrolio in Iran, in
Libia, nella Russia.
È oggi?
Oggi siamo il paese che in
Europa paga la bolletta più cara d'Europa. Bolletta che pesa sulle
nostre tasche e che blocca la ripresa industriale.
Il gas dalla Russia.
Gli accordi con la Russia, quelli per il “take or pay”, per il gasdotto South Stream che ci lega alla Russia (boicottando il gasdotto europeo Nabucco) sono frutto dei governi Prodi e Berlusconi (la crosta del potere ..). E sarebbero legati all'amicizia tra Berlusconi e Putin. Secondo quanto dice l'inchiesta, Mincato avrebbe perso il posto proprio per non aver firmato l'accordo con Gazprom. Nel 2007 poi, Eni compra la Yukos (società di energia di un concorrente di Putin finito in carcere), per rivenderla a Gazprom nel 2009: per questa operazione si sarebbe pure pagata una commissione ad un consulente russo, da 45 milioni di dollari. E poi paghiamo la bolletta più cara … Quei 20 miliardi di metri cubi comprati dalla Russia li paghiamo ben cari, grazie ad accordi diciamo poco lungimiranti (e anche bipartisan): ma c'è dell'altro.
Cosa dice Wikileaks Le carte di Wikileaks (ma anche i servizi segreti britannici, dice il giornalista Emmott) dicono che dietro queste relazioni con la Russia ci sarebbero interessi personali, di profitto, di Berlusconi e Putin, che passano per le rispettive aziende di stato. Si parla di relazioni personali e corrotte: Mondani cita il caso del gas estratto dall'Eni in Kazakistan, a Karachaganak, e poi svenduto alla Russia per essere ripulito. Per poi essere pagato a caro prezzo da noi italiani. Dice un dirigente Eni, sotto anonimato, al giornalista: «Per favorire i russi, il governo Berlusconi ha svenduto gli idrocarburi in loco, e ha appoggiato il gasdotto South Stream, così è Gazprom a imporre il prezzo del gas e l’Eni, che appoggiando il gasdotto alternativo Nabucco avrebbe potuto ridurre i prezzi, si è tagliata le palle».
Secondo questa persona «all’ad Paolo
Scaroni glielo ha detto Berlusconi, che ha i suoi rapporti con Putin.
È una questione geopolitica e di interessi personali: l’Italia ci
perde, ma qualche italiano ci guadagna. Esiste una società kazaka
chiamata Zhaikmunai controllata dai paradisi fiscali, che ha un
piccolo campo di esplorazione in Kazakistan e tira su dei ricavi
nell’ordine di un milione di dollari al giorno con margini del 50%.
Io chiesi a Eni chi erano i proprietari e mi dissero: occupati del
tuo lavoro e non rompere i coglioni. Parlai con dei dirigenti della
petrolifera di stato kazaka: mi dissero che in Zhaikmunai
si nascondono interessi
di politici kazaki e italiani».
Chi?
«Uomini importanti del centrodestra, i soliti. I nomi me li hanno
fatti, poi in Eni mi hanno chiaramente detto di stare attento al
fuoco amico, quindi io sto zitto».
Zhaikmunai è una
società con sede in un paradiso fiscale: il fiduciario, intervistato
da Report, non parla dei veri proprietari. C'è una traccia, però,
che parte da questa società schermata, arriva in Lussemburgo, fino
alla banca Arner. La banca dei numeri 1.
Il business dei
gasdotti.
Anziché diversificare e puntare sul green, noi italiani
ci siamo legati alla Russia: dal nordafrica e da Sout Stream
arriveranno in Basilicata (con l'autorizzazione dei ministri Clini e Passera) i tubi per farla diventare un enorme
Hub.
PAOLO MONDANI FUORI CAMPO
Il gas verrà stivato nei pozzi esauriti: in questo affare
(anche qui parliamo di accordi presi da Prodi e mantenuti poi da
Berlusconi e Passera) non c'è solo l'Eni, ma anche l'Avelar , una
società russa, appoggiata anche da Marcello Dell'Utri.
Certo l'energia è
importante: qui in Basilicata si estrae il 6% del fabbisogno. Ma
tutto questo vale la svendita del territorio, la possibilità di
inquinamento dell'acqua (l'invaso di Petronillo che rifornisce anche
la Puglia), dell'aria e dei terreni?
In conclusione: nello scorso aprile, l'Eni ottiene l’impegno all’aumento dell'estrazione
in Val d'Agri. In agosto il ministro Passera concede alla società Geogastock, legata al
russo Vekselberg appoggiato da Dell'Utri, di stoccare gas a Ferrandina. Nello stesso
periodo, Passera annuncia di voler fare dell'Italia l'hub europeo del gas. La Basilicata si troverà proprio nel mezzo della rete di gasdotti che vengono dall' Algeria e dalla Libia e dei tubi che porteranno gas dalla Turchia e dall'Azerbaigian. C'è una relazione tra tutti questi fatti?
ENZO PALAZZO – ORGANIZZAZIONE LUCANA AMBIENTALISTA
L'hub energetico è il destino di questa regione. Perché vengono qui? Perché abbiamo
una bella rete Snam per poterci muovere con il gas nel nostro sottosuolo e abbiamo la bellezza di 472 pozzi. Qui il petrolio è solo un affare immediato di spiccioli, molti, sono miliardi di euro che bisogna prendere, prelevare, per questo c’è il raddoppio, vogliono raddoppiare, perché devono svuotare…
PAOLO MONDANI
Vogliono raddoppiare il prelievo insomma
SESTO INTERVISTATO
Sì, il prelievo, perché vogliono accorciare i tempi dello svuotamento del petrolio nel
nostro sottosuolo e devono stoccare gas. Perché lo stoccaggio del gas è l’affare, il
business dell'immediato futuro.
PAOLO MONDANI
Che senso ha proporre un hub del gas in Italia quando cala così tanto la domanda di
gas in tutto il mondo?
MARCELLO COLITTI – EX DIRIGENTE AGIP ED ENICHEM
Ma il significato principale secondo me è quello di aprire la strada ai privati.
PAOLO MONDANI
Tradotto: fare l'hub è un grande affare, ma scenderà il prezzo del gas? Lo chiediamo a Marcello Colitti che in Eni scriveva i discorsi di Mattei e ha diretto Agip ed Enichem.
MARCELLO COLITTI – EX DIRIGENTE AGIP ED ENICHEM
I punti deboli sono il fatto che per arrivare dalla Sicilia fino a oltre le Alpi c'è un lungo
percorso e un costo del trasporto molto alto. E la logica fa supporre che il prezzo
venga definito a sua volta con un mercato di futuri e quindi con un prezzo che tenderà ad aumentare.
PAOLO MONDANI
I famosi futures sui quali …
MARCELLO COLITTI – EX DIRIGENTE AGIP ED ENICHEM
I famosi futures che finora hanno dominato il prezzo del petrolio e che diventeranno il sistema per definire il prezzo del gas.
Siamo sicuri che anche
questo sia nell'interesse del paese e non invece nell'interesse di
pochi invitati?
L'ultimo parte del servizio ha trattato il rapporto tra stipendio dell'amministratore, stato di salute dell'Eni e la questione delle tasse.
Riassumendo: Eni paga allo stato una percentuale di tasse bassissima (il 13,6%). La separazione di Snam e Eni, servirà a poco per la concorrenza (ma ha abbassato il debito).
E poi lo stipendio: negli anni Scaroni ha preso meno stock option e ha avuto un aumento di stipendio (che in tempi di crisi..). Forse perché le azioni andavano male?
PAOLO MONDANI
Il link per rivedere la puntata di
Report (e qui il pdf ).
L'articolo di Andrea Greco “La pista degli affari
Belusconi Putin e i soci misteriosi del giacimento kazako” (che
potete leggere
qui).
Senta, ma all’amministratore delegato di solito si danno le stock options perché è un
modo di legare le sorti della società a lui: vai bene tu, va bene la società e viceversa
oppure va male la società vai male anche tu. È un modo, come dire, di dare fiducia
agli azionisti sul comportamento dell’amministratore delegato.
ANALISTA FINANZIARIO
Esattamente. Il piano di incentivi a lungo termine che ha sostituito le stock options
dipende dai valori di bilancio e sappiamo che il bilancio può essere molto aggiustato.
Le stock option invece sono legate all’andamento di borsa della società e lì c’è poco
da fare, se il titolo va male i soldi non li prendi, punto e basta.
PAOLO MONDANI
E la Consob avrebbe potuto fare qualcosa?
ANALISTA FINANZIARIO
Assolutamente sì, diciamo che poteva, ma non ha potuto.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
La Consob avrebbe potuto dire per esempio: “mi spieghi in base a quali criteri dai
quella liquidità? Con questa forma di remunerazione sembra che tu stia traendo
benefici personali dall’impresa in un momento di difficoltà” e rendere pubblica
l’informazione. Non lo ha fatto. In compenso però il 1 settembre 2011, la Consob ha
assuto la figlia, senza concorso, Clementina Scaroni, avvocato e creato per lei a Milano l’ufficio contenzioso intermediari e mercati. Con un unico dipendente, Clementina Scaroni, appunto.