Dopo cinque mesi lunghissimi di pesanti sofferenze, cui è stata inevitabilmente sottoposta, manco a dirlo,la popolazione del Centrafrica, in seguito alla cacciata dell’ex-presidente Bozizé (marzo scorso), altro noto tiranno africano, il presidente provvisorio di un governo di transizione, nato dall’emergenza, Michel Djotodia , ha sciolto le milizie del Seleka.
Milizie, nate in funzione del golpe, composte da soldataglia straniera, ciadiani e sudanesi alla ricerca di un pasto caldo al giorno e di un po’ di bottino di guerra, e anche da scontenti locali, oramai divenuti comunque ingestibili e, quindi, incontrollabili e imprevedibili anche da parte dei loro stessi comandanti.
Infatti il richiamo di modeste ma allettanti opportunità ha fatto addirittura salire ,di giorno in giorno, il numero dei combattenti del Seleka da 5mila a 25mila degli attuali.
Cosa interessante al momento è però l’ingiunzione di disarmo obbligatorio nella città di Bangui, la capitale.
La gravità del tutto, accanto ai morti, ai feriti e ai danneggiamenti subìti dalle “cose” dei privati cittadini e dalle istituzioni ufficiali, divenute il fantasma di se stesse un po’ in tutto il Paese, è la contrapposizione confessionale tra cristiani e musulmani,che poggia su basi molto approssimative, figlie più dell’odio immotivato o di un risentimento personale che di certezze ragionate.
Tanto che, giorni addietro, nella regione del’Ouham, nelle città di Bossangoa e Bouca, zone d’origine di Bozizé, ci sono stati scontri violenti e morti ammazzati. E, riferiscono fonti attendibili, che i morti siano stati almeno un centinaio.
E, questa volta, pare che non siano state vittime i cristiani ma alcuni abitanti di religione musulmana, presi di mira da assalitori decisi a tutto.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)