C’era una volta il glorioso Regno d’Inghilterra.
Ma in realtà non ce ne frega niente, perché al nord dell’Inghilterra, in una landa brulla, desolata e piena di pecore, abitava un popolo di contadini sporchi, grezzi e sputacchiosi chiamati “scozzesi”, antica parola celtica che tradotta in italiano significa “sardi”.
I sard.. Cioè no.. Gli scozzesi erano incivili, non sapevano impugnare correttamente le posate e andavano avanti a stinchi di porco e Peroni. Non avevano un governo centrale, un re o un Beppe Grillo che li guidasse, ma erano divisi in tribù, come i parlamentari di Forza Italia da quando Silvio non spigne più.
Inoltre andavano in giro in gonnella e senza mutande, infatti mai nessuno voleva dargli un passaggio in macchina, e ciò contribuiva ad isolarli e incattivirli ulteriormente.
Un uggioso mattino, però, il re inglese Edoardo I, indispettito dal fatto che la Saiwa si ostinava a vendere gli OroCiok solo in confezioni da 8, decise di invadere la Scozia per farne numerosi Golf Club dove sfogare la propria rabbia da prima colazione.
Detto fatto le truppe inglesi, bevendo galloni di Olio Cuore, scavalcarono l’inaccessibile Vallo di Adriano in tutti i suoi 50 cm di altezza e dilagarono nelle terre del nord.
Gli scozzesi, che stavano preparando le grigliate per la pasquetta celtica, furono colti di sorpresa e vennero travolti, i loro villaggi saccheggiati, le loro donne stuprate e i loro bambini mandati a Junior Masterchef per essere maltrattati da Bruno Barbieri.
Sembrava finita per la Scozia, un po’ come per il Carpi e il Frosinone dopo la seconda giornata di Serie A, ma dalle nebbiose e selvagge Higlands spuntò un guerriero, un leader, un condottiero dai capelli fluenti, dagli occhi azzurri e dal corpo dipinto: Fedez!
Cioè no, volevo dire: William Wallace!
William Wallace era zozzo, sporcaccione e puzzoso come i suoi compatrioti, ma più colto di loro perché almeno aveva fatto l’alberghiero e quindi sapeva maneggiare forchetta, coltello e spada.
Wallace organizzò la resistenza con imboscate, guerriglie urbane e barricate stringendo alleanze con i sindacati e i Cobas del latte.
Gli inglesi, però, non usavano idranti e manganelli, ma frecce, lance e mazze chiodate modello spacca culo. Wallace allora chiamò in aiuto i più temibili tra i barbari temibili: i leghisti prima versione, non quelli fashion con l’orecchino che fanno foto nudi sulle prime pagine dei tabloid, ma quelli in canotta, scarponi e forconi, che adorano il dio Po, suo figlio Adige e gli dei minori Grappa, Cadrega e Calderoli.
Con i leghisti in campo la situazione fu ribaltata e gli inglesi si diedero alla ritirata disordinata passando per la città di HeadStraight, che in friulano vuol dire Caporetto.
William Wallace, ormai giunto nel cuore dell’Inghilterra, iniziò ad accarezzare un sogno: entrare a Londra con le sue truppe e andare a fare spese da Harrods con tutti i suoi amichetti.
Ma per un piano del genere ci volevano più soldati, strinse quindi un’ultima alleanza con un popolo di folletti beoni e litigiosi: i simpatici cugini irlandesi.
Gli irlandesi arrivarono sulle coste inglesi a bordo di numerose imbarcazioni, ma i leghisti alla vista di tutti quei barconi furono presi da isteria ingiustificata e abbandonarono la causa di Wallace.
Si sa che quando la lega abbandona la maggioranza, Silvio cade, e così accadde anche per lo sgangherato esercito scozzese che, senza l’ausilio dei forzuti buzzurri padani, fu nuovamente travolto dalle giubbe rosse.
William Wallace fu catturato e condannato a morte nei processi Rubi, Rubi Bis, Rubi Ter, Rubi Quater l’impero colpisce ancora e Rubi & Violetta veline a Mediaset.
L’esecuzione si svolse nel cortile della Torre di Londra, dove le guardie di Sua Maestà erano solite giocare a pallone. Wallace fu soffocato dal boia che gli infilò in bocca due Buondì Motta senza latte.
Il suo corpo fu fatto a pezzi e le sue membra mandate come monito intimidatorio alle redazioni di Tg4, Tg5 e Studio Aperto che da quel momento smisero di fare giornalismo e realizzarono solo servizi su cani, delfini, Balotelli e consigli per difendersi dal caldo.
di Marco Improta All rights reserved