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Repubblica delle Fiabe – GIACOMO UNCINO ALLA DERIVA

Creato il 19 gennaio 2016 da Thefreak @TheFreak_ITA
Repubblica delle Fiabe – GIACOMO UNCINO ALLA DERIVA

"SPUUUUGNAAAA!!!! Dove cazzo sei?!"

Giacomo Uncino cammina veloce sul ponte del suo galeone, vele spiegate, vento in poppa e sole a picco sulle onde del mare che brilla per tutti.

Lo hanno fatto. Dopo decenni, o forse secoli, hanno perso il conto, finalmente Uncino e la sua ciurma hanno lasciato l'Isolachenoncè. Ma quando te ne vai da un posto che non c'è, non è facile trovare la via per un posto, per un qualsiasi altro posto, che invece c'è ed è reale. Uncino ha detto ai suoi che li sta conducendo verso nuove rotte, nuove terre, nuove conquiste. Ma ha mentito: desiderava solo andarsene da quel maledettissimo comodo rifugio perso nei sogni di chi si è perso e fatto per accogliere i perduti che non vogliono rialzarsi. Pirati, naufraghi, bimbi sperduti, adoratori d'idoli, bambini che non vogliono crescere: tutti eterni giocatori in attesa di un futuro migliore. Gente che la realtà non la vuole proprio vedere.

Quando è finalmente riuscito a convincere la sua truppa di bucanieri dalla vita pigra ad abbandonare quella illusoria prigione dorata, ha levato l'ancora sepolta per tempo immemore nelle acque della baia delle sirene, ed è partito verso l'orizzonte.

Ora sono tre mesi che navigano e vi giuro che non hanno incontrato né uno scoglio con quattro cozze attaccate, né un gabbiano che gli annunci la presenza di un porto vicino. Niente. Nemmeno il segnale internet sul tablet. Il nulla totale. Solo acqua. Sole e acqua. Stelle e acqua. Ma sempre acqua. Nulla su cui poter poggiare i piedi e avere un po' di stabilità.

"Spugna porca vacca dove minchia sei!?"

"Eccolo Capitano, agli ordini!"

"Spugna di grazia, che ore sono?!"

"Le tredici in punto Capitano."

"Dov'è il mio Bloody Mary?!"

"Arriva Capitano!"

Uncino si appoggia nervoso alla balaustra del galeone: non accade nulla da troppo tempo. Nella ciurma serpeggia la perplessità che è antifona dello scontento e poi della rabbia. E lui, che cova le paure più grandi, non può lasciarlo trasparire: se i ragazzi capissero che il loro Capitano è titubante della scelta intrapresa, in un batter d'occhio tornerebbero di nuovo verso l'Isolachenoncè. Ci vuole una svolta, un evento, almeno un cazzo di segno a cui appigliarsi.

Ed eccolo il segno, proprio davanti allo sguardo perso nel blu di Uncino: una tromba d'aria. No aspetta, non una, diverse! Diverse trombe d'aria che avanzano verso il galeone. E in quel preciso istante Uncino prova un sentimento che mancava da parecchio: la paura. Non quella legata alle striscianti angosce interiori, ma una paura vera, fisica: paura per la propria incolumità.

"Ragazzi.." dice il Capitano con un filo di voce "Girate tutta a tribordo"

"Come Capitano?!"

"GIRATE 'STO CAZZO DI GALEONE E ANDIAMO VIAAA!! CI STANNO ARRIVANDO ADDOSSO QUELLE ROBE LÌ"

Il panico. Il panico s'impadronisce di una ciurma di pirati che non ha lavorato un granché negli ultimi decenni, e decenni è un eufemismo in un limbo dove il tempo non esiste più, e che all'improvviso si ritrova a dover fare rapidamente manovre navali che non compiva più da quando... Da quando?!

Gente che corre ovunque, tra corde, tiranti e Gameboy da mettere in salvo sotto la plastica, che se poi si bagnano non ci giochi più e il viaggio diventa ancora più lungo.

Giacomo Uncino sbraita ordini a destra e a manca, ma nella foga del momento gli viene in mente di contare: quante sono le trombe d'aria che si stanno avvicinando?

Tredici. Ne conta tredici. Perché tredici?! Che senso ha?

La grande nave inizia a cambiare rapidamente rotta, svolta e torna indietro. Gli uomini scendono sottocoperta e si mettono ai remi. Il galeone acquista velocità. Prende vantaggio sui quei piccoli uragani. Uncino si sente rincuorato. Sta tornando indietro, ma è solo temporaneo, poi quei tredici torrioni bianchi cesseranno di esistere e il viaggio riprenderà nuovamente verso l'ignoto e porterà... Probabilmente a niente. Porterà a niente. Ancora qualche giorno e presto l'Isolachenoncè tornerà ad essere l'unica alternativa di vita plausibile.

Giacomo lo capisce in un solo momento: cercava qualcosa di nuovo, di inaspettato. Eccolo qua l'inaspettato, l'hai cercato e ora che l'hai trovato ne fuggi?! Dopo tutta questa attesa hai paura di essere travolto dal nuovo e torni indietro?!

Uncino all'improvviso si ferma e si placa anche il suo cuore dai battiti troppo accelerati per l'adrenalina. In una calma limpida che agli altri appare quasi come lucida follia, dà un ordine pacato:

"Fermi! Fermi tutti. Lasciate i remi e legate bene tutte le vele."

I ragazzi lo guardano come si guarda uno che dice no a una modella di Victoria Secret's in calore.

"Che?"

"Fermi tutti ho detto."

"Ma Capitano quei cosi ci travolgeranno.."

Uncino tira fuori la pistola dalla fondina.

"Il primo che si muove lo mando a controllare se c'è posto all'inferno o bisogna prendere i numeri come alle poste."

Gli uomini lo guardano, si guardano e lo riguardano. Sentendo la morte arrivare qualcuno fugge nei propri alloggiamenti. Qualcuno fa outing e bacia il compagno. Qualcun altro fa un altro tipo di outing e si dichiara vegano. Viene subito scaraventato in mare. Ognuno prega il proprio Dio. Gli atei, non sapendo che fare, tirano fuori i Gameboy dalla plastica.

Uncino ha compiuto una scelta: abbandonarsi, mollare le redini e il controllo e lasciarsi trasportare.

Ciaone

Le trombe d'aria arrivano quasi tutte assieme sul galeone: prima lo scuotono, lo sbattono, poi lo sollevano dal mare. L'enorme imbarcazione inizia a turbinare in aria. Precipita di tutto: persone, cannoni, provviste di Nutella. Quando ci si abbandona al nuovo bisogna sempre mettere in conto di perdere qualcosa.

Ognuno si aggrappa a ciò che gli capita. Uncino non si aggrappa a nulla, scivola da una parte all'altra. Si ferisce ma nulla di troppo grave e, pur rimanendo senza appigli, non cade mai fuori dal galeone.

Le trombe d'aria che si stanno unendo in un unico grande uragano avvolgono tutto e il tutto diviene un enorme turbinio: l'acqua, la schiuma, i detriti, le nuvole, la nebbia. Il bianco avvolgente. Il buio.

Giacomo apre un occhio. Sente il legno bagnato del ponte della nave contro la propria guancia. Apre anche il secondo occhio. È indolenzito. Si guarda attorno. Ci sono ancora molti della sua compagnia. Non tutti, ma molti si. Si alza a fatica. I suoi vestiti ricamati di pizzi e merletti sono laceri. Il Cappello da Capitano perduto e lasciato andare. Si passa la lingua tra i denti per controllare di averli ancora tutti. E, che culo, è così.

Infine si volta. Il cielo è cupo e una fitta pioggerellina riempie l'aria, ma il galeone galleggia sereno su un mare sorprendentemente calmo, così come le altre navi.

Le altri navi?! Si! Uncino vede altre navi e.. Un porto!! Un porto nuovo e sconosciuto protetto in una piccola insenatura!

"TERRRAAAAAAA!!!!! TERRAAAAAA!!!!!"

Bastava lasciarsi andare.

Bastava perdere controllo e paure.

Bastava essere leggeri.


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