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Repubblica delle Fiabe – L’AMORE AI TEMPI DI STAR WARS

Creato il 16 febbraio 2016 da Thefreak @TheFreak_ITA
Repubblica delle Fiabe – L’AMORE AI TEMPI DI STAR WARS

Il tempo di per sé non esiste. È solo il modo con cui misuriamo il costante cambiamento delle cose.
Similmente, la forza di gravità di per sé non esiste. È solo un modo con cui la scienza misura la curvatura dello spazio-tempo causata da una massa come un pianeta o una stella. La Terra non gira intorno al Sole. La Terra fa la sua strada in linea retta. Ma il Sole, con la sua massa, provoca una curvatura nello spazio-tempo, e la linea retta della Terra diventa una curva costante intorno al Sole.

Anche io andavo per la mia strada, poi incontrai una ragazza bellissima. Una massa di 63 kili con un'energia provocata da ossigeno, sangue e diversi mojito. E una luce. Non come la luna, non come una stella, ma la luce di due occhi. Non erano neanche azzurri come quelli delle pubblicità, erano comuni occhi marroni. Ma dentro c'era la Luce. Come quella che c'è anche nei tuoi occhi. Solo che a me quella luce aveva colpito, come quando passeggi per i cazzi tuoi e sui cazzi tuoi stai rimuginando distrattamente, quando all'improvviso, con le buste della spesa in mano, per caso alzi gli occhi e vedi una stella qualsiasi. Non è che splenda più o meno delle altre stelle, non sai come si chiama e probabilmente non ha nulla di speciale. Tranne il fatto che l'hai notata proprio tu, tra la sagoma di quel palazzo e l'antenna di quell'altro. E allora rallenti il passo per guardarla e sembra che sia stata messa proprio lì a brillare per te quella sera che stai tornando a casa.
Così io notai lei. Non aveva nulla di speciale, ma la notai proprio io, proprio in quel momento, proprio mentre sorrideva parlando di puttanate con i suoi amici. E a me sembrò che fosse stata creata perché io la guardassi ridere.

Ogni massa che emana energie crea curvature nello spazio tempo, solo che sono impercettibili. Eppure noi le percepiamo, perché altrimenti come cazzo è che quando stavo con lei il tempo pareva accartocciarsi su sé stesso?! Com'è che i pomeriggi con lei si riducevano a una mezz'ora? Eppure allo stesso tempo mi sembrava di vivere molto di più, più intensamente, di vivere davvero! Della prima settimana in cui l'avevo frequentata avevo ben stampato in mente ogni singolo momento, ogni singolo attimo, gesto e parola. Gli ultimi anni della mia vita erano riassumibili in due minuti. Ma quella settimana no.

Lei si chiamava Padmè. Che razza di nome è Padmè?! Ma tanto si sarebbe potuta chiamare in qualsiasi altro modo, mi sarebbe piaciuto lo stesso tantissimo. D'altronde all'epoca io mi chiamavo ancora Anakin, che insomma alle elementari mi prendevano tutti per il culo e hanno smesso solo quando un giorno ho preso coscienza della Forza e ho sbattuto via Michelone che voleva fottermi il Kitkat. A volte la gente scopre la forza anche solo per difendere un Kitkat. Oh, in quel Kitkat ci sono tutti i tuoi diritti, e vi posso assicurare che qualsiasi costituzione o regio statuto per cui gli eserciti si battono e i popoli si ribellano, perde qualsiasi peso in una classe di scuola elementare. Lì vige solo la legge della giungla. E la maestra, la supposta autorità costituita, è solo uno sciamano disinteressato ai problemi del popolo che ogni tanto esige un sacrificio umano tramite interrogazione alla cattedra.

Ma qui divaghiamo.

Io quando vidi Padmè non è che pensai a qualcosa, mi venne solo di andarle vicino. Eravamo ad una festa su Coruscant, capitale della Repubblica Galattica. Io avevo il mio drink in mano e mi guardavo intorno ed è lì che l'ho vista. Era in un gruppo di persone a chiacchierare, lontana dal casino della musica martellante. In quel gruppo di persone c'erano anche un paio di miei amici: un wookie col brutto vizio di esprimere affetto leccando le persone e un aspirante Jedi, così ne approfittai per infilarmi nel gruppo e conoscerla. Andai dritto dal mio amico mezzo Jedi e gli misi un braccio intorno al collo:

"Allora bomber bella festa eh?!"

Lui rispose qualcosa che mi entrò da un orecchio e mi uscì dall'altro perché io già guardavo lei. Lei guardava qualsiasi cosa ma non me. Perché mi aveva visto. Allora io mi misi a fare il cazzone con gli amici e con gli altri. Dai guardami, sparo vaccate solo per te.
E a un certo punto lei sbottò in una risata bellissima. Mentre facevamo i cretini io avevo detto "Porco" a un mio amico, e lei si era messa a ridere. Ma di gusto eh, mica per finta. E io non è che avessi fatto una delle mie battute brillanti, non so perché davanti a lei non mi venivano, avevo solo detto porco. Io porco lo uso quasi come intercalare. Questa cosa la trovai meravigliosa, aveva riso per me di nulla. Ero fottuto: mi ero avvicinato per un sorriso, mi ero innamorato per una risata.

L'aggiunsi su Facebook, che è più longevo degli imperi, e poi uscimmo insieme. E lì lo spazio-tempo cambiò. Non vi racconterò di ciò che accadde, di tutte le nostre parole, dei nostri sguardi e dei nostri baci. Quelle sono cose nostre e non vi riguardano. E neanche ho parole per dirvi come mi sono sentito in quel periodo, perché ogni parola rimpicciolirebbe ciò che c'era tra noi in quel momento.

Poi rovinai tutto.
Iniziai a riscuotere un certo successo sul lavoro, ero a mani basse il più dotati degli Jedi e mi montai la testa. Andai in delirio di onnipotenza e passai gradualmente al lato oscuro, senza accorgermene neanche. Ci finii con le migliori intenzioni. E nel frattempo con lei diventai possessivo: quella stella doveva essere solo la mia stella, non poteva brillare per gli altri, desideravo chiudere la sua luce tra i muri che mi stavo creando.

Lei, che rimase sempre un fiore, rifiutò di farsi sporcare da me e mi lasciò.
Io non lo accettai e caddi nel buio.

Oggi mi chiamo Darth Fener e sto creando la mia personalissima stella. È nera, ha milioni di uffici, segreterie e fotocopiatrici. Ha anche un mega laserone con cui vogliamo scalciare culi nell'intera galassia. L'ho chiamata Death Star - per voi in Italia i traduttori dei film l'hanno chiamata Morte Nera - ma insomma il concetto è quello: quando ci avviciniamo al tuo pianeta sai che quello che ti stai mangiando è l'ultimo Kinder Brioss della tua vita.

Però io ogni tanto ci ripenso a quando la vidi ridere di niente con gli amici.
Forse a quei tempi ero io che avevo occhi per vedere..


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