La settimana scorsa, dopo 15 anni, si è conclusa la serie di E.R. Medici in prima linea. Era già programmato. Sarebbe successo anche se Micheal Chrichton non fosse morto. Lo ha confermato Stephen Spielberg che insieme al romanziere ha condiviso l'ideazione e la produzione del telefilm. Dal giorno successivo eravamo già tutti orfani: parlo di noi, i seguaci, gli indefessi cultori che per 15 anni si sono fatto compagni di strada delle vicende di Benton e Carter, di Doug Ross e di Marc Green, e che hanno imparato a conoscere il reparto d'urgenza del Policlinico di Chicago come se fosse la propria casa (e infatti nel 2003 è stato emozionante in occasione di un viaggio nella capitale dell'Illinois riconoscere l'edificio, proprio sotto la line adella metropolitana).L'ultima puntata è stata un estratto assolutamente eloquente delle ragioni che hanno fatto di E.R. un caso, forse il più straordinario prodotto di fiction della storia della televisione. Parlo di aspetti narrativi e di linguaggio, che provo a richiamare sinteticamente.La sceneggiatura. Di qualità. Straordinaria. Mai una caduta. E' sempre stata il motore della serie e l'ultima puntata lo ha confermato. Una puntata costruita a chiasma e su un duplice livello narrativo. A chiasma, perché ha messo in relazione la fine e l'inizio, la morte e la vita. Mentre il marito di un'anziana coppia accompagna per il suo ultimo viaggio la moglie da anni malata di sclerosi multipla, Carter inaugura il nuovo "Carter Centre" alla memoria del figlio e la figlia di Marc Green, ora studentessa di medicina, entra al Policlinico. Ogni fine è un nuovo inizio, nella più grande sofferenza è nascosto il germe di una nuova gioia. E' l'essenza della medicina, è la vicenda della vita.E poi il doppio livello narrativo. La puntata, a livello meta, porta in scena un altro distacco: il distacco dello spettatore dalla serie che da lui prende congedo. Anche qui la morte. Ma poi lo zoom all'indietro dell'ultima sequenza, mentre riconsegna il Policlinico a Chicago, prelude al fatto che anche noi ricominceremo, prima o poi riusciremo a posare di nuovo lo sguardo da qualche parte.Il linguaggio. Anche su questo punto E.R. ha fatto scuola, soprattutto per l'uso "aereo" della camera, per i suoi piani-sequenza straordinari. Una tecnica coinvolgente ma di difficile sostenibilità, sia per gli operatori (chiamati a "montare" le scene in tempo reale cucendole con il proprio movimento sul set) che per gli attori, di fatto sempre in scena e mai del tutto consapevoli di quel che potrebbe succedere.Un'ultima annotazione. Il successo di E.R. è anche legato al fatto che per la prima volta nella storia del medical le storie da raccontare sono quelle dei medici e solo di riflesso quelle dei pazienti. Storie orizzontali (che si aprono e si chiudono nel corso della stessa puntata) e storie verticali che attraversano più puntate; storie che scavano nelle fragilità, negli slanci, nell'umanità a tutto tondo dei protagonisti; storie che in quindici anni hanno messo a tema tutti i conflitti di coscienza e le grandi questioni che l'etica medica oggi si trova ad affrontare.Ci mancherà tutto e ci mancherà ancor di più perché i medical italiani che di E.R. provano a prendere il posto dimostrano impietosamente la loro natura di grottesche caricature.
La settimana scorsa, dopo 15 anni, si è conclusa la serie di E.R. Medici in prima linea. Era già programmato. Sarebbe successo anche se Micheal Chrichton non fosse morto. Lo ha confermato Stephen Spielberg che insieme al romanziere ha condiviso l'ideazione e la produzione del telefilm. Dal giorno successivo eravamo già tutti orfani: parlo di noi, i seguaci, gli indefessi cultori che per 15 anni si sono fatto compagni di strada delle vicende di Benton e Carter, di Doug Ross e di Marc Green, e che hanno imparato a conoscere il reparto d'urgenza del Policlinico di Chicago come se fosse la propria casa (e infatti nel 2003 è stato emozionante in occasione di un viaggio nella capitale dell'Illinois riconoscere l'edificio, proprio sotto la line adella metropolitana).L'ultima puntata è stata un estratto assolutamente eloquente delle ragioni che hanno fatto di E.R. un caso, forse il più straordinario prodotto di fiction della storia della televisione. Parlo di aspetti narrativi e di linguaggio, che provo a richiamare sinteticamente.La sceneggiatura. Di qualità. Straordinaria. Mai una caduta. E' sempre stata il motore della serie e l'ultima puntata lo ha confermato. Una puntata costruita a chiasma e su un duplice livello narrativo. A chiasma, perché ha messo in relazione la fine e l'inizio, la morte e la vita. Mentre il marito di un'anziana coppia accompagna per il suo ultimo viaggio la moglie da anni malata di sclerosi multipla, Carter inaugura il nuovo "Carter Centre" alla memoria del figlio e la figlia di Marc Green, ora studentessa di medicina, entra al Policlinico. Ogni fine è un nuovo inizio, nella più grande sofferenza è nascosto il germe di una nuova gioia. E' l'essenza della medicina, è la vicenda della vita.E poi il doppio livello narrativo. La puntata, a livello meta, porta in scena un altro distacco: il distacco dello spettatore dalla serie che da lui prende congedo. Anche qui la morte. Ma poi lo zoom all'indietro dell'ultima sequenza, mentre riconsegna il Policlinico a Chicago, prelude al fatto che anche noi ricominceremo, prima o poi riusciremo a posare di nuovo lo sguardo da qualche parte.Il linguaggio. Anche su questo punto E.R. ha fatto scuola, soprattutto per l'uso "aereo" della camera, per i suoi piani-sequenza straordinari. Una tecnica coinvolgente ma di difficile sostenibilità, sia per gli operatori (chiamati a "montare" le scene in tempo reale cucendole con il proprio movimento sul set) che per gli attori, di fatto sempre in scena e mai del tutto consapevoli di quel che potrebbe succedere.Un'ultima annotazione. Il successo di E.R. è anche legato al fatto che per la prima volta nella storia del medical le storie da raccontare sono quelle dei medici e solo di riflesso quelle dei pazienti. Storie orizzontali (che si aprono e si chiudono nel corso della stessa puntata) e storie verticali che attraversano più puntate; storie che scavano nelle fragilità, negli slanci, nell'umanità a tutto tondo dei protagonisti; storie che in quindici anni hanno messo a tema tutti i conflitti di coscienza e le grandi questioni che l'etica medica oggi si trova ad affrontare.Ci mancherà tutto e ci mancherà ancor di più perché i medical italiani che di E.R. provano a prendere il posto dimostrano impietosamente la loro natura di grottesche caricature.
Possono interessarti anche questi articoli :
-
Sabato 13 Giugno sui canali Sky Cinema HD e Sky 3D
Transformers 4 - L'era dell'estinzioneCinque anni dopo i disastrosi eventi che hanno devastato Chicago, trasformandola in un campo di battaglia, la CIA ha... Leggere il seguito
Il 13 giugno 2015 da Digitalsat
MEDIA E COMUNICAZIONE, PROGRAMMI TV, TELEVISIONE -
Ferris Bueller’s Day Off (Una pazza giornata di vacanza) compie 30 anni: 5...
Chiedeteci tutto, ma per noi Ferris Bueller’s Day Off non si può intitolare Una pazza giornata di vacanza, sì ok, Ferris ingegna la giornata della vit... Leggere il seguito
Il 06 giugno 2015 da Commarebradipina
GOSSIP, MEDIA E COMUNICAZIONE, OPINIONI, PER LEI, TELEVISIONE -
Colin Donnell si unisce a “Chicago Med” come nuovo regular
L’attore di Arrow e The Affair è giusto l’ultima aggiunta al cast del medical drama di NBC ambientato nella città del vento.La nuova serie di Dick Wolf... Leggere il seguito
Il 30 maggio 2015 da Linda93
MEDIA E COMUNICAZIONE, SERIE TV -
Giovedi 28 Maggio sui canali Sky Cinema HD e Sky 3D
Men in Black 3Boris l'animale e' un alieno brutto, sporco e cattivo. Rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, ubicato addirittura sulla luna, riesce a... Leggere il seguito
Il 28 maggio 2015 da Digitalsat
MEDIA E COMUNICAZIONE, PROGRAMMI TV, TELEVISIONE -
Giovedi 28 Maggio sui canali Sky Cinema HD e Sky 3D
Men in Black 3Boris l'animale e' un alieno brutto, sporco e cattivo. Rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, ubicato addirittura sulla luna, riesce a... Leggere il seguito
Il 28 maggio 2015 da Digitalsat
MEDIA E COMUNICAZIONE, PROGRAMMI TV, TELEVISIONE -
Jim Bachor: treats in the streets
Lungo le strade di Chicago le buche presenti sull’asfalto hanno ricevuto l’intervento di Jim Bachor, artista stravagante che con marmo e vetro ha coperto le... Leggere il seguito
Il 26 maggio 2015 da Ilovegreen
LIFESTYLE, MARKETING E PUBBLICITÀ, MEDIA E COMUNICAZIONE