Magazine Cinema
Regia: Mark L. LesterOrigine: USAAnno: 1991Durata: 79'
La trama (con parole mie): il detective Chris Kenner, americano e figlio di un poliziotto ucciso in servizio, è cresciuto in Giappone nel pieno rispetto delle rigide regole d'onore e disciplina nipponiche, e conserva anche da adulto, a Los Angeles, l'influenza della cultura del Sol Levante e l'approccio che ne consegue. Da tempo alla ricerca di prove che lo portino ad inchiodare il boss della Yakuza Yoshida, l'uomo pare disposto a tutto per riportare la giustizia a Little Tokyo, nel cuore di L. A., soprattutto mettere a rischio la propria vita: quando gli viene affiancato il detective Johnny Murata, di origini giapponesi ma nato e cresciuto negli States - dunque completamente americanizzato -, tra i due scatteranno scintille che necessiteranno di essere tenute sotto controllo in modo da poter compiere la missione e riportare a casa la pelle.
Nel corso delle comuni stagioni cinematografiche, specie nei periodi più fiacchi per quanto riguarda le uscite, arriva sempre un momento in cui il sottoscritto finisce per cimentarsi con i ricordi d'infanzia e quelle pellicole che il buon Frank Manila chiamerebbe "mitiche": nel corso dei tre anni trascorsi dall'apertura del Saloon, sono passati da queste parti film di genere con protagonisti alcuni degli action heroes per eccellenza della settima arte come Sly, Schwarzy, Bruce Willis o Van Damme, tanto da lasciarmi quasi a corto di proposte legate a recuperi di questo tipo.
All'appello, però, mancava ancora una delle perle trash più clamorose dei primi anni novanta, scoperta quasi per caso da mio fratello, puntualmente videoregistrata sfruttando una delle numerosissime - allora - serate a tema cinematografiche di Italia Uno e passata almeno un paio di milioni di volte sugli schermi della cameretta dei piccoli Ford che ai tempi ancora si divertivano ad assegnarsi le parti ed i personaggi dei film che li divertivano di più, questo Resa dei conti a Little Tokyo.Poliziesco di qualità bassissima che sfrutta l'antico tema dell'amicizia virile e l'altrettanto longevo adagio delle botte da orbi, il lavoro di Mark L. Lester - che, ricordiamolo, è l'uomo dietro la macchina da presa di un altro cult del genere, Commando - riesce oggi come allora ad essere clamorosamente imbarazzante ed assolutamente divertente, privo di qualsiasi spocchiosità - e ci mancherebbe - e godibile a livelli che gli epigoni odierni appartenenti alla stessa categoria di prodotti possono largamente sognarsi.Come se non bastasse, i due protagonisti riescono nell'impresa di dare il meglio di se per quanto riguarda l'approccio comedy, dal roccioso Dolph Lundgren ormai lontano dai panni robotici del Drago di Rocky IV e più vicino ad una versione hard boiled del suo He-man de I dominatori dell'universo - altro supercult del periodo - allo scanzonato ed irriverente Brandon Lee, decisamente più interessante in un ruolo di questo genere che non in quello crepuscolare che gli rese la fama immortale - leggasi quello di Eric Draven -.
A fronteggiarli, uno dei villain più importanti della storia dei b-movies di matrice legata all'action e soprattutto alle arti marziali di quei tempi, Cary-Hiroyuki Tagawa, protagonista di pietre miliari - se così si possono definire - del calibro di Mortal Kombat e del recente e terrificante Tekken.Il cocktail prodotto, altamente infiammabile per i deboli di stomaco ed i fighetti, i radical chic e tutti i pretestuosi cinefili da salotto, è uno dei più saporiti che possano essere recuperati dall'immenso bacino delle proposte ben più che pane e salame distribuite a cavallo degli anni ottanta e novanta, eredi della grande tradizione del più noto e già citato JCVD ma anche di quella - meno visibile - del mitico Don "The dragon" Wilson, eroi praticamente da fumetto che hanno influenzato - almeno nel loro lato più divertente, volontario o no che fosse - molti dei cineasti pulp o pseudo tali del ventennio successivo, prima di venire ripescati in qualche modo dal fenomeno Expendables.
Se non vi è dunque mai capitato tra le mani questo gioiellino di bassa lega, buttatevici a testa bassa e con le pretese dimenticate dal rutto libero, schieratevi dalla parte di Lundgren o Lee, godetevi i loro battibecchi antesignani del bromanticismo e lasciate perdere il Cinema d'autore e le prospettiva artistica.
Una volta ogni tanto non fa certo male.
MrFord
"When you're big in Japan, tonight
big in Japan, be tight
big in Japan, where the Eastern sea's so blue
big in Japan, alright
pay, then I'll sleep by your side
things are easy when you're big in Japan when you're big in Japan."Alphaville - "Big in Japan" -
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