Resident Evil Afterlife
di Paul W.S. Anderson
USA/UK/Germania 2010
Sinossi
La bella Milla Jovovich di Il quinto elemento ritorna a vestire i panni di Alice, macchina da guerra geneticamente modificata dalla Umbrella Corporation che dopo aver acquisito incredibili abilità fisiche, ne viene privata dalla stessa malefica organizzazione, con suo grande sollievo e ringraziamento, bisogna sottolinearlo. Tornata umana a Tokyo, la ragazza si reca in Alaska, alla ricerca di una fantomatica Arcadia, che ospiterebbe dei sopravvissuti all’epidemia di zombies creati dal Virus T che si è praticamente estesa su tutto il mondo. Lì, raccatta l’amica Claire Redfield, che nel frattempo ha perso la memoria, e in sua compagnia, si spinge fino a un carcere di Los Angeles, all’interno del quale, con altri superstiti carichi di speranze e un particolare prigioniero, cercheranno di raggiungere la vera Arcadia: una grande nave-cargo. (fonte: http://www.mymovies.it/)
Commento
Una montagna di pupù fumante.
Non che mi aspettassi chissà cosa da una saga cinematografica che ha sparato le sue migliori cartucce già nel primo capitolo - a tuttora il più riuscito.
Questo Resident Evil Afterlife (d'ora in poi REA) riassume tutti i deprecabili difetti di un cinema fatto di budget cospicui, di effetti speciali urlati, di personaggi a psicologia zero e di trame adatte a dei pitecantropi ritardati.
Il problema non è essersi ispirato a un videogiochi - una delle migliori saghe ludiche di sempre - né di aver allestito un circo fatto di sparatorie, combattimenti e mostri posticci. Non credo di essere un intellettuale con la puzza sotto il naso, tanto che mi sono piaciuti film come Transformers, 300, Watchmen e altri ancora.
Ma anche un film fracassone ha un limite di decenza nel poter prendere per il culo chi lo guarda. RSA questo limite lo supera dritto come uno Scud tirato sui bersagli inermi: noi, gli spettatori.
Difficile poter citare tutti i difetti di una pellicola del genere. Proviamo a citare i più evidenti.
Le ambientazioni. Posticce, fredde, irreali più di quelle di un videogioco. Tutti i dollari spesi non riescono che a suscitare qualche sbadiglio. Niente sense of wonder, niente terrore, stupore. Niente. E poi: non basta mostarci una ragazza giapponese che diventa una zombie per poter affermare "questa storia è ambientata a Tokio". E su, e che cazzo! Infatti questa Tokio potrebbe essere qualsiasi altra metropoli: New York, Chicago, Sidney, Seul. La differenza non esiste.
Le scene d'azione. Dovrebbero essere il punto di forza del film, ma il più delle volte risultano marcatamente stupide. Non solo esagerate e tamarre, come in tanti pregevoli film d'azione, bensì semplicemente stupide. Tanto estetismo sterile va a discapito della credibilità di quanto ci viene mostrato. L'assalto alla sede della Umbrella di Tokio è un insulto all'intelligenza di chi ha un minimo di esperienza di "robe militari". Corpi speciali che si fanno falciare come inetti, più una base di massima sicurezza penetrabile... dalla tromba dell'elevatore! La demenza fatta arte. Arte anche bella per carità, con tutte quelle tute fighine, le mosse di kung fu e le armi così lucide da sembrare finte. Però sempre di demenza si tratta.
Le sequenze in bullet time. Troppe, inutili, sovrabbondanti, indisponenti. Aggiungete altri aggetti negativi a scelta. Tutta questa profusione di slow motion che il regista ci propina ogni volta che un tizio tira una granata, ogni volta che Alice spara un colpo... beh, è veramente una pessima scelta. Scolla la narrazione, la rende isterica (si passa da scene ad alta velocità ad altre di insopportabile moviola) ma, soprattutto, trasforma ogni combattimento in qualcosa di estremamente irreale.
Sulla psicologia d'accatto dei protagonisti non mi soffermo nemmeno. Credo che riusciate a immaginare da soli ciò di cui parlo. In questo marasma a salvarsi, una volta ancora, è la bella Milla, che brilla come una pietra preziosa gettata su un carro di letame. Peccato per il bassissimo spessore del suo personaggio, ma credo che sapesse bene a cosa andava incontro firmando per vestirne ancora una volta i panni.
Per quel che mi riguarda questo è l'ultimo Resident Evil che mi sono guardato. Nulla contro i film tratti dai videogiochi, ma c'è modo e modo di realizzarli. A questo punto sarebbe stato persino meglio un lungometraggio girato tutto in modalità first person shooter, in stile Doom. Se non altro avremmo potuto considerarlo un esperimento divertente. E, invece, ecco questa roba qua. La prossima volta riattacco direttamente l'X-Box, altro che cinema.
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PS: doppio post bonus solo per oggi... non vi abituate! :-P