Studiando ingegneria sono incappata spesso nel concetto di resilienza. La resilienza è l’energia elastica assorbita da un campione di materiale deformato elasticamente: graficamente, nel piano di sforzo-deformazione è l’area della curva sottesa dal tratto lineare. Successivamente ho scoperto che in ecologia la resilienza è la capacità che ha un sistema (o una comunità) di ritornare al suo stato iniziale dopo che qualcosa ne ha provocato una perturbazione. Curioso è che esiste un analogo concetto nella tecnologia dei tessuti: ovvero la resilienza di un tessuto è la sua capacità di riprendere il suo aspetto iniziale a seguito ad una deformazione.
Ma sicuramente la definizione più interessante di resilienza è quella che assume in campo psicologico: psicologicamente parlando la resilienza di una persona è la sua attitudine ad affrontare eventi traumatici in maniera positiva, senza perdersi d’animo ma, anzi, riorganizzando la propria vita con efficacia e nuovo slancio.
Non riesco ad immaginare un concetto più positivo della resilienza psichica: mi immagino una persona che attraversa un momento difficile, che subisce un trauma davvero devastante per il suo inconscio e che, invece di perdersi d’animo, affronta la vita con uno spirito nuovo, con la grinta necessaria a dimenticare l’avversità, anzi a non dimenticarla ma a prenderla come pretesto per riuscire in qualcosa di grande.
Ho conosciuto persone che nonostante una vita, non dico perfetta (chi ce l’ha?), ma almeno normale, si lamentavano di qualsiasi cosa ed attendevano la sentita compassione degli altri. Da individuo compassionevole e sensibile qual ero una volta restavo ad ascoltare questi lamentosi cronici, sfibrandomi io stessa e giungendo ad uno strato di prostrazione mentale dal quale era difficile rialzarsi anche per me e non solo figuratamente. Poi un giorno ho capito che era ascolto sprecato, perché chi ha un’indole lamentevole l’avrà per sempre, si crogiola nell’autocompatimento e quasi quasi preferisce soffrire che trovare una soluzione positiva alla propria condizione. La mia reazione a questi soggetti ora è #apostocosì, lamentati quanto vuoi ma fallo lontano dal mio bacino uditivo che non ho tempo di sopportare le tue (per me) futili lagnanze.
E poi ho conosciuto persone che hanno subito esperienze davvero negative, che hanno dei vissuti spesso drammatici ma che hanno saputo restare sensibili al lato positivo della vita, a non compiangersi e a reagire, migliorando la propria condizione. Queste persone mi hanno insegnato che anch’io posso essere una persona resiliente, posso affrontare qualsiasi avversità e trovare qualcosa di positivo in ogni situazione che la vita mi offre.
Il cammino è sempre difficile, lo è per tutti, ed è diversamente impervio per ognuno di noi, l’importante è non dimenticare che, nonostante le apparenze, siamo più resilienti di un tondino d’acciaio!