Lo sapevo! Ero convintissimo che i “fatti di Gezi” avrebbero spinto qualcuno – anche in Italia – a trasformare testimonianze e resoconti in libri: all’insegna dell’io c’ero invece che dell’analisi, della mitizzazione a tutti i costi invece che della valutazione critica dei fatti.
E infatti, ecco un esempio paradigmatico: Resistanbul, scritto da una giornalista del Fatto – Roberta Zunini – che non conosce la Turchia ma che si è sentita in dovere di raccontarla. Non l’ho letto e non ho in programma di leggerlo, ma già nella presentazione sul sito del quotidiano è evidente l’impostazione fortemente orientalista e a tratti caricaturale (i fatti? quelli non contano!):
nessuno è stato risparmiato dalla stretta sui diritti e le libertà messa in pratica da Erdogan nei suoi undici anni di governo.
Come? Stretta sui diritti e le libertà? Ma dove, in Turchia? In realtà, negli ultimi 11 anni – ma non era difficile, vista la situazione di partenza! – diritti e libertà sono stati nel complesso ampliati e portati a livelli più vicini agli standard europei. E non è che lo sostengo io: basta leggere i rapporti dell’Unione europea sullo stato di avanzamento dei negoziati di adesione della Turchia per rendersene conto (sì, so benissimo che i rapporti contengono anche critiche robuste: ma il giudizio di fondo è complessivamente positivo!)
un Paese [che] sta subendo un rapido processo di islamizzazione
un Paese pericolosamente in bilico tra oscurantismo religioso e voglia di Europa
E in cosa consisterebbe, in concreto, questo “processo di islamizzazione”? Niente, è il nuovo mantra: slogan della lotta politica interna assunti acriticamente a verità inoppugnabile!
La Turchia per sentito dire, insomma: per giunta dai soliti noti che spacciano pregiudizi per informazione.