Anche da non addetti ai lavori per capire l’impatto dello sciopero dell’ANSA bastava guardare i volti smarriti e l’affannosa ricerca di “pizzini” [elettronici e non] dei giornalisti di molti TG mentre cercavano, quasi, in diretta di narrare le prime notizie sull’attacco in spiaggia in Tunisia l’altro giorno come scrive, tra gli altri, su Twitter il segretario nazionale FNSI.
Sciopero che ha raccolto solidarietà bipartisan sia dagli esponenti delle diverse forze politiche che dal mondo dello spettacolo e che ha superato, ad oggi, i 30mila tweet [inclusi i retweet] per l’hashtag #ResistANSA coniato da un redattore di ANSA Bologna.
L’azienda chiede il ricorso al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria [ex articolo 35 legge 416/81] o, in alternativa, purché sufficiente a garantire uguale riduzione, contratti di solidarietà per 65 giornalisti su un organico complessivo di 324 e di 35 per i poligrafici su un totale di 184; in entrambi i casi ci si propone un taglio della forza lavoro di un quinto.
Sono entrato in possesso del piano di riorganizzazione che è stato presentato e che dal punto di vista aziendale riassume le ragioni di un taglio così imponente. Documento aziendale riservato, dunque non pubblicabile, che contiene gli elementi fattuali alla base di del piano di riorganizzazione.
Il grafico sottostante mostra l’andamento dei principali indicatori economici di periodo dell’ultimo triennio e la stima di chiusura per l’anno in corso.
Poiché il costo predominante [circa 70%] è quello del personale che, invece, per automatismi di carattere contrattuale e dalla previdenza di settore, dal 2015 ha ripreso a salire in maniera sensibile, dal punto di vista aziendale non resta che intervenire in tale ambito.
Di solito le aziende pensano ai contratti di solidarietà quando chiudono i bilanci in perdita, ma gli editori proprietari dell’Ansa hanno deciso di giocare d’anticipo: contratti di solidarietà in previsione di una perdita di 5 milioni a fine anno.
Il grafico sotto riportato mostra l’andamento delle diverse linee di prodotto dell’agenzia di stampa.
A fronte di tale andamento nel documento si scrive: «Il notiziario generale deve continuare ad essere il punto di riferimento dell’informazione di base di qualità ed il timone dell’informazione in Italia e sull’Italia».
Non si tratta dell’unica contraddizione del documento rispetto alla realtà che fotografa. Soprattutto quel che colpisce è quanto il piano di riorganizzazione sia vago, generico, non contiene di fatto che titoli di capitoli tutti da riempire di contenuti, e di strategie ad hoc, senza i quali chiunque, dal sottoscritto al CDR passando per le istituzioni, che giocano un ruolo certamente importante nella partita, possa effettivamente dire se oltre al taglio dei costi vi sia un’effettiva riorganizzazione del lavoro e dell’approccio al mercato degna di questo nome. Dall’inconsistenza di quanto scritto si sarebbe portati più a pensare di no.
ANSA, di proprietà degli editori a cui fornisce i servizi che a loro volta tagliano, è stritolata tra la crisi del settore e i tagli del Governo [e di molti altri comparti della PA] alle agenzie di stampa nel loro complesso.
Molte testate, a cominciare dichiaratamente da Il Post di Luca Sofri, utilizzano i social sostituendoli alle agenzie di stampa per contenere i costi e più in generale gli editori riducono la richiesta di servizi. Le agenzie di stampa assomigliano sempre di più a giornali online, come emergeva già nel 2013 dallo studio: “Il ruolo delle agenzie di stampa nel XXI secolo”.
Il rapporto tra le agenzie e i loro clienti è cambiato radicalmente con l’avvento delle “nuove” tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Le agenzie rimangono però una fonte sottostante alla catena dell’informazione; grazie ai social network, le agenzie di stampa raccolgono informazioni che vengono poi propagate nella catena informativa.
Nel nuovo, sempre in mutamento, ecosistema dell’informazione si rompono i vecchi equilibri: i giornali hanno meno bisogno delle agenzie stampa di un tempo grazie a social media e citizen journalism; mentre dall’altro lato, le agenzie immaginano in un futuro prossimo di entrare in concorrenza con i loro clienti. Al tempo stesso le imprese, spesso clienti di entrambi, abbracciano sempre più l’idea di diventare loro stessi editori, produttori di contenuti dando vita a quello che viene raccolto nella definizione di brand journalism.
Se il taglio dei costi appare una medicina tanto amara quanto necessaria, senza un ridisegno dell’organizzazione del lavoro e una ridefinizione strategica degli asset, anche in questo caso, sarà difficile venirne fuori.