Magazine Diario personale

(R)Esistere

Da Parfumdefemme @ParfumdeFemme

Ho sempre avuto un rapporto molto controverso con la fine dell’esistenza, forse perché ne venni a conoscenza che non avevo più di sei anni, e non ho ancora capito come ci possa essere qualcuno disposto a scherzarci sopra, proprio no.

A quell’epoca, però, mi scontrai solo con la fine di qualche lontano parente che, seppur elogiato e pianto in abbondanza, per me non erano altro che un racconto, vite alle quali avevo preso parte solo per via della mia nascita.

A volte mi viene da pensare che quella tranquillità fosse anche opera del catechismo e di tutta quella serie di precetti che i miei genitori, da genitori per bene che non hanno mai osato distinguersi dalla media, mi hanno fatto inculcare da sedicenti donne oneste che amavano la compagnia di preti, suore e tutta quella gente lì. Sì, insomma, quella che – per dirne una- fa della castità uno stile di vita, nascondendo sotto abiti troppo ampi i bisogni fisici e animali del primate che è in loro.

Ma, insomma, quand’ero piccina credevo veramente che esistesse Dio, quello Cattolico, quello abituale, e pensavo davvero che, in qualche modo, la fine fosse solo un nuovo inizio.

E’ crescendo che mi sono fregata.

E sì, perché, vuoi per studio o per interesse, mi sono trovata con un pugno di credenze religiose da buttare in spazzatura e una domanda fondamentale a cui non potevo più dare risposta.

No, non sto facendo outing del mio ateismo poiché, da umana nella media e non propriamente perspicace nell’intendere i meccanismi scientifici, ho anche io un senso di spiritualità insito in me.

E, se anche si sposta dal senso comune a cui siamo abituati da queste parti, prevede che le nostre anime, quelle parti eteree di noi, non spariscano del tutto bensì che, prima o poi, appariranno di nuovo sulla Terra in altre forme e condizioni.

E magari, giusto per non farci mancare nulla, quelle stesse anime potrebbero essere spostate e indirizzate come pedine dal caro Sig. Universo (cit.).

Tutto questo sproloquio per dire che ieri, così dal nulla, mi sono trovata con una voragine nelle budella da dover domare.

Mi mancava Lei, come mai prima.

E, nonostante la mancanza sia oramai una consuetudine da anni, solamente ieri ho avuto la consapevolezza di quanto io sia diventata così simile a lei.

L’avrei portata in giro, ieri, a scattare foto nelle viuzze di qualche cittadina medievale, l’avrei pregata di perdersi con me in una di quelle mostre d’arte che tanto amo e, magari, l’avrei invitata a leggere queste pagine che nessuno di coloro che mi sta intorno ha mai letto.

Avrei pure pregato il Sig. Universo, ieri, perché lei potesse sapere che era sempre stata il mio metro di paragone. Anche quando ancora non la sopportavo, quando la trovavo così dannatamente altezzosa ma, soprattutto, quando non si perdeva d’animo se la mattina il suo cuscino era colmo di capelli perché, tanto, la parrucca con le treccine era sempre lì pronta a salvarla.

Quella fine, insomma, è arrivata ancora come molti anni fa, inaspettata e dolorosa, portando con sé tutto quel carico d’ironia, lo stesso che ha fatto sì che io fui l’ultima a credere che quella poteva essere davvero la fine.

Ultima, quando lei fu la prima.


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