Claudia Santonocito 26 giugno 2013
Il sole bacia Taormina. E lo fa in maniera appassionata perché dopo tante lamentele la calda e soffocante stagione è arrivata prepotentemente sull’isola. L’afa scalda la deliziosa cittadina e l’aria asfissiante si inerpica tra le suggestive e fotografate viuzze. E in questo clima torrido inizia il blindatissimo e isterico Taormina Film Fest. La mia avventura nel “festival anti-comuni mortali” comincia la mattina di sabato 15 giugno in un Palazzo dei Congressi definito inagibile, munita del mio pass-stampa (grazie, direttore di DlQ), e con la convinzione di avere un gigantesco potere tra le mani. Cominciamo immaginando un palazzetto dei congressi, abbastanza bruttino, il giorno d’apertura del Festival che dovrà accogliere – nientepopodimeno che – la conferenza stampa dell’anteprima di Man of Steel, altrimenti detto Superman, del regista Zack Snyder con Russell Crowe, Henry Cavill, Amy Adams e Michael Shannon. Immaginate adesso che la conferenza stampa per la sorpresa di tutti si svolga rigorosamente a porte chiuse soltanto per novanta tra giornalisti e fotografi che sono riusciti a prenotarsi per tempo: tirate le somme e immaginate la follia e gli improperi dilaganti di tutti i professionisti rimasti fuori. C’è da chiedersi il perché di tale scelta, considerando che noi che vi abbiamo potuto partecipare abbiamo potuto notare il numero esiguo di giornalisti presenti in una sala gigantesca. Magari gli organizzatori temevano di scatenare l’ira di Russell Crowe visto che l’argomento di corridoio era proprio questo, ira che fossi stata in lui avrei fatto venire fuori a causa di tutte le domande idiote che gli sono state poste in un italiano popolare o in un inglese stentato, perché che un giornalista parli minimamente un po’ di inglese credo sia necessario, ma questa è un’altra storia.
Aggiungiamo a questo clima di guerra dei giganteschi omoni della sicurezza che non permettono a nessuno di avvicinarsi durante conferenza stampa e photocall. Bene, adesso immaginatevi me che come una comune pedona scatto una foto con il mio cellulare con Zack Snyder per strada, assolutamente indisturbati, assolutamente sotto gli occhi di tutti (dura la vita dei registi che non vengono mai riconosciuti), in una tranquillità estrema. Con tanto di Russell Crowe che passeggia in pantaloncini leccando un gelato. A voi le conclusioni. Facciamo che il primo giorno sia andato così, il cast era stellare, il film americano campione di incassi, un’ipotetica paura per la vita degli attori, aperitivi e cene erano destinate solo a pochi eletti. Così messo il cuore in pace, visto il film, si passa al giorno dopo, e a quello dopo ancora, fino a sabato 22 data di chiusura del festival. Il clima durante le giornate successive dovrebbe essere più rilassato, soprattutto per chi come me oltre a volersi godere il jet-set, vorrebbe concludere qualcosa di più professionale.
Adesso vi spiego a cosa serve avere un pass-stampa, a nulla. Anzi, solo ad entrare agli aperitivi e avere la possibilità di incontrare attori, registi e compagnia bella in un ambiente apparentemente rilassato. A questo scopo basterebbe andare alle Tao Class, che implicano arrivare almeno un’ora prima per cercare di prendere un posto relativamente a portata di vista o orecchio, giusto per avere la possibilità di “sentirsi più vicino” e magari avere l’occasione di riuscire a fare una domanda. Anche se ho avuto più volte il sospetto che fossero scelti soltanto certi giornalisti, ma questa potrebbe essere semplicemente una mia mania di persecuzione. Inoltre il “famoso” di turno, scaduto il tempo a disposizione, viene lasciato per cinque minuti in balia del pubblico, in molti casi matricole urlanti, per poi essere circondato dai soliti omoni ed essere trasportato in luoghi più sicuri per essere fotografato e intervistato solo da determinate testate, e su questo punto non bisogna lavorare molto di fantasia.
Ma torniamo agli aperitivi che sono il momento clou della serata, tutte le sere l’elegante terrazza con vista mozzafiato del Grand Hotel Timeo ospita vip, prestigiosi ospiti, giornalisti e fotografi. Ma a godersi il tramonto mica possono farlo tutti, bisogna essere messi in lista e a seconda della lista e del prestigio degli ospiti tutta la “stampa” finisce a bere e smangiucchiare assolutamente da sola in una deliziosa terrazzina, soltanto pochi eletti riescono ad essere inseriti nella terrazza giusta. Certo potreste trovare un Lino Banfi sudatissimo, recintato tra un divanetto e una transenna come una bestia rara al circo, oppure riuscire a vedere Meg Ryan oltre un nastro nella stessa terrazza – come se l’incontro con certi giornalisti possa nuocerle gravemente alla salute – o Marisa Tomei addirittura rinchiusa in una stanzetta a vetrate.
Questi chiaramente sono picchi di esagerazione di un’organizzazione più interessata a fare bella figura con gli ospiti che con il resto dei comuni mortali, meno male che alcuni degli ospiti riescono ad essere gente alla mano e interagiscono come persone e non come divinità, da Ronn Moss a Luigi Lo Cascio, compreso l’inarrivabile Jeremy Irons che durante la Tao Class è stato portato via di peso dagli omoni già citati dopo i cinque minuti canonici, a Nicolas Vaporidis con Giorgia Surina, Luca Argentero, Rocco Papaleo, la cantante Anggun (riesumata per l’occasione), soltanto per citarne alcuni. Per chi si stesse chiedendo da dove salta fuori Anggun, la risposta sta nello step successivo: ovvero dopo l’aperitivo, comincia la serata nel suggestivo (e su questo nulla da dire) Teatro Antico che è preceduta da una o più premiazioni, la presentazione del cast del film nel caso sia presente in platea e la proiezione della pellicola.
Il tema di questo Taormina Film Fest è stato premiare l’impegno di personaggi dello spettacolo o illustri che si sono adoperati nel sociale e nella tutela dell’ambiente, come Anggun per l’appunto impegnata con la FAO, o il Principe Alberto di Monaco che con la sua associazione ha salvato specie e zone protette. Gli organizzatori-presentatori, la pierre Tiziana Rocca e il regista e critico Mario Sesti, pur avendo ricevuto ospiti prestigiosi e pur vantando una carriera di tutto rispetto, non sono una grande presenza scenica neanche nei venti minuti di durata di tutto lo show pre-proiezione: risultano essere impersonali, poco affiatati e piatti (tranne che per Mario Sesti che sbaglia la pronuncia di almeno un nome a sera suscitando l’ilarità del pubblico). A voler essere più precisa durante alcune sere qualche sorriso è stato strappato da attori “comici” come Rocco Papaleo, Alessandro Siani, Enrico Brignano e Lino Banfi che saliti sul palco hanno interagito oltre a ritirare i premi, chiaramente giocando spesso sui doppi sensi.
Per rimanere nell’ambito palco una critica pesante e personalissima riguarda l’omaggio a James Gandolfini, l’attore americano morto due giorni prima di poter partecipare al festival come ospite. Giovedì sera, il giorno della scomparsa dell’attore, ci si è limitati a dire che sabato sarebbe stato ricordato con un omaggio. Durante la sera del sabato il famoso omaggio, frutto di lunghe ore di lavoro, è stato una clip tratta da Romance & Cigarettes nella quale si vede un Gandolfini canterino, successivamente un noto giornalista statunitense l’ha ricordato come un grande artista, pur non avendolo mai incontrato. A mio avviso, proiettando una foto e applaudendo per un minuto, avrebbero fatto una figura meno meschina. Ai posteri l’ardua sentenza.
Le ultime battute vorrei dedicarle ai film e al pubblico poiché sono inevitabilmente correlate. Test sociologici hanno dimostrato che le sere con il maggior numero di spettatori sono state quelle in cui sono stati proiettati Man of Steel, Cha Cha Cha (a questo proposito vanno i miei complimenti al cast non tanto per il film ma per il fatto di essere rimasti in platea fino alla fine della proiezione senza avere avuto fretta di andare a cena), Trance e chiaramente The Lone Ranger, pellicole che hanno attirato un auditorio forse un po’ troppo rumoroso e in alcuni casi presente più per gli attori che per il film in sé. In questo senso non so se essere triste per alcune opere che non hanno riempito neanche mezzo teatro, ma se cominciassi con la mia litania sul cinema, il pubblico e l’amore incondizionato, vi addormentereste tutti senza l’aiuto di quell’ottimo champagne che ho sorseggiato tutte le sere.
In copertina: Mario Sesti e Tiziana Rocca
Le fotografie inserite nell’articolo sono di Riccardo Marino