L'altare d'argento dopo il restauro
Si è concluso il restauro dell'Altare e della Croce in argento del Tesoro del Battistero di San Giovanni a Firenze. L'altare fu realizzato in cento anni, con 200 chilogrammi di argento e 1.050 placchette smaltate. Alla sua realizzazione hanno collaborato gli artisti più insigni del Tre-Quattrocento: Bernardo Cennini, Michelozzo, Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio. Ora l'altare sarà visibile dal prossimo 1° aprile, insieme con la grande croce che, un tempo, lo sovrastava.Il restauro è durato circa sei anni, diretto dall'Opificio delle Pietre Dure su incarico dell'Opera di Santa Maria del Fiore. Un tempo sull'altare vi era la grande croce di argento realizzata tra il 1457 e il 1459 da Antonio del Pollaiolo, che sarà collocata al suo posto originario in occasione della mostra al pubblico. La croce era una sorta di reliquiario per un frammento di quella che si riteneva essere la croce del Cristo che, vuole la leggenda, fu donata alla chiesa da Carlo Magno. Sia l'altare che la croce erano mostrate solamente due volte l'anno ai fedeli: in occasione della festa del Perdono e della festa di San Giovanni Battista.
La mensa in argento fu commissionata nel 1366 dalla Corporazione dell'Arte di Calimala come dossale per l'altare maggiore del Battistero. Fu terminata circa un secolo dopo, nel 1483. Per la sua realizzazione furono mobilitati maestri orafi e scultori di più generazioni: Leonardo di ser Giovanni e Betto di Geri, Cristofano di Paolo, Tommaso Chiberti e Matteo di Giovanni, Bernardo Cennini, Antonio di Salvi, Michelozzo, Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio che realizzò l'ultima, in ordine di tempo, delle dodici formelle che ornano la mensa d'altare. La formella del Verrocchio rappresenta la decapitazione del Battista. L'opera monumetale misura cm 310 x 150 x 88.
Andrea del Pollaio ebbe anche l'incarico di creare la grande croce posta sull'altare, realizzata con ben 50 chilogrammi di argento, alta 1,93 metri, della quale restano ancora i pagamenti per l'esecuzione dell'opera. Nel 1459 furono sborsati ben 3.036 fiorini d'oro, di cui 2.006 andarono al Pollaiolo e 1.030 all'orafo Betto di Francesco Betti. La croce era decorata di smalti traslucidi in gran parte andati perduti e fu realizzata affinchè la devozione per il frammento della vera croce di Cristo non passasse in secondo piano a causa del contemporaneo arrivo di un'altra reliquia di proprietà della Corporazione dell'Arte della Lana, rivale dell'Arte di Calimala.
Il restauro ha restituito lucentezza e leggibilità sia alla mensa d'altare che al crocifisso, che erano stati interessati dal progressivo degrado dovuto all'ossidazione dell'argento, ossidazione che, nel caso dell'altare, ha danneggiato gravemente ed irreparabilmente gli smalti. Il restauro è stato diretto da Clarice Innocenti, del laboratorio di restauro delle Oreficerie dell'Opificio delle Pietre Dure, in collaborazione con il settore Scultura lignea e il laboratorio scientifico. L'altare è stato scomposto in ben 1.500 pezzi, tutti sottoposti a pulitura e consolidamento. Parallelamente si sono restaurate anche la struttura lignea e le cornici in legno dorato e proprio grazie a questo restauro è stato possibile ritrovare il magistrale lavoro di intaglio. Dalla croce, invece, sono stati rimossi sali verdi di rame e vernice protettiva, anche se l'opera è risultata piuttosto compromessa da un precedente intervento di restauro