Tra gli interventi realizzabili sul patrimonio edilizio del territorio, di cui all’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, troviamo anche quello relativo al restauro e risanamento conservativo, ma quali sono in realtà gli elementi che lo contraddistinguono?
A far luce sull’argomento interviene la IV Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4851 del 30 settembre 2013 che, al riguardo, delinea gli elementi che concorrono a qualificare un intervento edilizio di restauro e risanamento conservativo.
Nel merito della controversia, i ricorrenti hanno realizzato la suddivisione di una torre in più piani, con destinazione residenziale, e la chiusura del portico, asserendo che l’intervento edilizio progettato si configura come restauro e risanamento conservativo in quanto ripristina l’antico stato della torre e del portico.
I giudici di Palazzo Spada hanno affermato che un intervento edilizio, per essere qualificato come restauro e risanamento conservativo, occorre che siano rispettati gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio senza modifiche dell’identità, della struttura e della fisionomia dello stesso, né ampliamento dei volumi e delle superfici, essendo esso diretto alla mera conservazione, mediante consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, dell’organismo edilizio esistente, ed alla restituzione della sua funzionalità.
L’aumento di superficie o di volumetria comporta, al contrario, una trasformazione dell’edificio che necessita di permesso di costruire.
Conformi a tali principi sono anche le norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune interessato, che definiscono come opere di risanamento conservativo quelle finalizzate alla conservazione degli organismi edilizi, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali che li caratterizzano.
Ne deriva che la suddivisione della torre in più piani, con destinazione residenziale, e la chiusura del portico comportano un aumento della superficie utile e di volume, con conseguente esclusione della possibilità di qualificare l’intervento alla stregua di un mero recupero conservativo, soggetto a denuncia di inizio attività.