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Resti in linea: lavorare in un call center

Creato il 13 giugno 2010 da Dejavu

 

Resti in linea: lavorare in un call center

No tranquilli!

 

Non vi voglio scassare l'anima con suggerimenti dietetici in vista della prova costume. Tanto so che voi lettori siete tutti belli tondi, è inutile che fate finta di avere il fisico di Kellan Lutz. Scherzo eh? No, la linea di cui parlo è quella telefonica! O, per meglio dire, quella dei telefoni di un call center. Ebbene sì, pure il sottoscritto tra le altre esperienze che lo hanno accompagnato alla laurea, ha voluto provare per una volta l'ebbrezza del telemarketing. L'annuncio sul giornale diceva: fisso mensile più provvigioni. Il tutto a caratteri cubitali.

 

Resti in linea: lavorare in un call center
Sarà stato un errore del tipografo avvinazzato perchè dopo il colloquio e una mattinata di lavoro, di fisso mensile non se ne parlava già più! Restavano - in "compenso" - solo le provvigioni del 12% sulla vendita dei biglietti teatrali che si dovevano vendere per via telefonica.
"Ma che ci vuole?" penso io. "Adesso telefono e ne piazzo una bella cinquantina nel giro di un'ora! Vuoi mettere con la mia parlantina?". Convinto di diventare entro sera il Donald Trump dei centri telefonici italiani e impaurito dall'idea che mi compaia davanti Sabrina Ferilli nelle vesti della tirannica capo telefonista in "Tutta la vita davanti", mi infilo la cornetta in un posto che non è il sedere e parto a spuntare l'elenco dei numeri da contattare.
La mia postazione è data da un banco posto contro il muro di una stanza, proprio come all'esame di maturità. Il mio capo è una signora di mezz'età che sembra Mara Venier, scazzatissima, con un buon repertorio di parolacce - come la Venier - e non ha niente a che vedere con la algida Ferilli. E' lei a partire con le chiamate per farci una dimostrazione e, nel giro di mezz'ora, tra le condoglianze a una neo-vedova, un vaffanculo, una molestia sessuale schivata e l'invito a cena di un ottantenne riesce a piazzare almeno cinque biglietti. Nel frattempo ci istruisce.

 

"Dopo 5 squilli a vuoto riattaccate!"
"Se riappendono loro, richiamateli fingendo che sia caduta la linea!"
"Se il numero è inesistente, tagliatelo dalla lista!"
"Se vi chiedono il prezzo del biglietto, sparate prima quello più basso!"
"Cornetta sempre in mano così risparmiate tempo!"
"Non toccate la spina sul muro che saltate per aria!"
"Il cesso è là in fondo!"
"Ma ... ti ho già visto da qualche parte?"
Indovinate a chi si stava rivolgendo ora? No, non al cesso. "Sì, anche io la conosco già" le confesso. Non faccio in tempo a dirle di chi sono figlio che subito ingrifata mi salta addosso facendomi cascare la cornetta a penzoloni. "Ma cosa ci fai qui? Vieni che ti bacio! Ti sei laureato e vieni a fare questi lavori di merda? Chiama tuo padre che facciamo un festino!"
"Porca puttana" penso tra me e me "mi cerco un lavoro tranquillo per guadagnar qualcosa e invece non solo vengo subito riconosciuto ma mi ritrovo alle prese con l'esorcismo di Emily Rose? Ma va in mona, va!"
Mentre sono avvolto tra le spire di Mrs. Robinson come il laureato Dustin Hoffman, la situazione nella stanza precipita. E' in atto un ammutinamento tra i callcentristi che, come me, al telefono hanno beccato solo non udenti e marocchini intenti a vendere a loro volta accendini falsi. Furiosi hanno perciò capito che dalle 9 alle 17 non prenderanno manco un 1 euro e lasciano il loro banco facendo il dito e prendendo la porta. C'è chi urla "vado a fare la cameriera", chi "vado a fare la mignotta", chi "mi compro un passamontagna". Ci penso anch'io, ma tanto in una rapina mi riconoscerebbero subito per via della erre moscia. Dovrei essere un malvivente muto.
Vedo però che fuori dalle finestre, nella corte condominiale, si è formata una fila di aspiranti operatori pronti per il colloquio. Mentre c'ho la donna in groppa cerco di far loro segnali con le braccia libere per avvisarli che annuncio e colloquio sono specchietti per le allodole. Avessi avuto i fanali accesi e il clacson col muggito avrei ottenuto lo stesso effetto. Questi se ne sbattono e continuano a parlare tra loro. Mimo l'alfabeto morse, faccio il moonwalk sul pavimento, uso cartelli come in un film muto. Manca solo la musichetta del pianista in sottofondo. Finalmente esco fuori e li avverto di persona. "Grazie a sta ceppa, quelli che sono usciti prima di te ci hanno già detto tutto da mezz'ora". "Si vabbè, ma loro mica c'avevano il polpo addosso!".
Mi metto le cuffiette e raggiungo il centro cittadino pieno di gente operosa pensando a tutti quegli operatori telefonici che nel corso degli anni mi hanno "disturbato" in ufficio o a casa, e forse hanno vissuto, poveracci loro, una giornata simile a questa.


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