Onore e gloria al Genere, dopo The green inferno, sbarca nelle nostre sale, l’invisibile Reversal, pellicola decisamente più di maniera, rispetto all’incubo al sangue di Eli Roth, ma comunque non priva di pregi. Rape and revenge classico eppur atipico, Reversal, comincia dove molti altri film del genere finiscono, è questa la vera grande intuizione del film, incentrato sulla vendetta di una vittima, ai danni del suo carceriere. Pur non evitando del tutto le insidiose trappole del genere, il film ha i suoi momenti bastardi ed efficaci, vere perle di cattiveria pura in un altrimenti rodato panorama di tensione. Più ci avviciniamo al finale (finale tutto da gustare, nero come la notte e impietoso come la vita) la discesa negli inferi della nostra protagonista si fa totale, calandola anima e corpo in un luogo altro, privo di luce, speranza e pietà umana. Un vero e proprio climax, che culmina nella bellissima sequenza a rallentatore, che segue la visita alla fatidica ultima casa, tassello finale di una verità probabilmente prevedibile, eppur necessaria, che chiude per sempre la porta alla sanità mentale, facendo sprofondare la nostra protagonista, nei neri labirinti della pazzia. La vendetta che diventa catarsi ed epifania di un cambiamento morale e radicale dell’essere, trasformando nell’ultima allucinante ed inaspettata inquadratura, la vittima in carnefice. Un piccolo film da tenere d’occhio, un bel tentativo di riflettere sulla cupa natura dell’uomo, essere sempre meno umano, men che mai divino.