Magazine Cinema
7.5 su 10
Ultima fatica di James L. Brooks, director inventore di uno stile tutto suo, riconoscibile e apprezzato. Proprio per questo, non riesco a capire quale sia il motivo dell'accoglienza impietosa riservata a questo titolo, ultimo nella cinematografia del regista solo in senso temporale, ma per esempio superiore al film precedente, quello davvero ignobile, intitolato "Spanglish" e con una Paz Vega tremenda. Il "failure" commerciale della pellicola è stato accompagnato dal giubilo di chi non crede che un prodotto del genere debba costare tanto, più di cento milioni di dollari. Su questo aspetto, in verità, non si può che convenire e l'alto budget non sembra proprio prerogativa di una commedia, soprattutto di una commedia che punta tutto sulla sceneggiatura. In realtà, credo che la maggior parte dei soldi spesi sia da attribuire al compenso degli attori, Whiterspoon in testa, con a seguire il trio maschile Nicholson-Rudd-Wilson. Non c'è da stupirsi. Per i produttori che hanno stanziato i fondi, l'opera doveva essere un sicuro successo, anche perchè la Whiterspoon è abituata a fare exploit incredibili ed è paragonata, negli incassi, al Sandler nazionale, che supera i 100 milioni nella sola patria con facilità. Peccato che, forse, ci si sia dimenticati di guardare al dato del film precedente di Brooks, "Spanglish", in cui il protagonista era proprio Adam Sandler. Parlando delle caratteristiche del film, non ho trovato nulla di fuoriposto, di esagerato, di paradossale. Insomma, di demenzialità c'è poco (e la nuova commedia vive solo su questo, da qui la difficoltà di colpire il pubblico odierno), ma c'è una carica effervescente e fresca di ibridsmo, di "Bromance", di leggerezza, di complessità nei caratteri sfumati. E c'è la storia, che diventa espressione di insoddisfazione e che segue nella comune difficoltà, il tipico tragitto di una commedia, allargato a personaggi secondari che riempiono la vita dei protagonisti. In un certo senso, è un tipo di commedia elegante, raffinata, anche a livello visivo, semplice e insieme attenta a definire i personaggi con un fiume di battute. Aggiungo che non è un film di "Losers"o di "Vincenti" ma di esseri umani complessi, con esigenze che si manifestano di volta in volta. La narrazione ruota attorno ai protagonisti e diventa un corollario rispetto ai caratteri che ne sono il centro. Ed è una pellicola ben recitata, a dire il vero recitata magnificamente. Se Rudd e Wilson tendono l'uno al realistico paradossale, l'altro al paradosso realistico, e Nicholson è una comparsa che appare continuamente (anche indirettamente), la vera fiamma del film che arde di luce propria è proprio la Whiterspoon, che riesce a prendersi, con scaltrezza, l'attenzione del regista, attraverso primi piani esaustivi e molto più articolati di quanto sembri. In tutto questo, la dimensione filmica fa capolino nel clichè, nel rimodellamento, nell'ambiente, nella semplicità, nella mancanza di eccesso e nell'umanità. Ed è qualcosa che sfugge a chi cerca sempre il MacDonald's rispetto ad una comune trattoria di cibo locale. Da qui la differenza tra la commedia di Apatow e quella di Brooks. E io sono un passatista.
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