Colpo al cuore
Splendido mix di art-house europeo di qualità e di crime-action che cita i capostipiti amercani di genere, "Drive" è il film perfetto. Nicolas Winding Refn dà alla luce una creatura atipica, che riavvolge in un colpo unico e deciso la filmografia del suo director danese e si apre più compiutamente alla tradizione hollywoodiana, inserendola in un contesto visionario di matrice europea. Ne viene fuori un cult, imprescindibile per la vecchia guardia così come per i neofiti del genere, che dispensa sequenze da immaginario collettivo e, grazie ad una cifra stilistica marcata e personalissima, permette al regista di lasciare il segno e imporsi come vero innovatore/mediatore di tradizioni tanto distanti, che oltrepassano la logica autore/mestierante mutuata da teorie critiche ora gettate al vento. Se Tarantino ha dato al genere la nuova etica di mescolamento, all'interno del post-moderno, Nicolas Winding Refn oltrepassa e stempera il carattere ludico, non-sense di questa tradizione e tira fuori un'opera durissima specchio di una società in mutamento parziale, più vicina al vecchio Clint-Callaghan di Siegel che ai prototipi da b-movies "spazzatura" che entrano nella violenza gratuita e luccicante del genio Quentin. Per certi versi, il confronto è possibile con "Blood Simple" dei Coen, ma privato di quel barlume di speranza fatalistico caro alla poetica dei fratelli di Minneapolis. "Drive" è un must-see del 2011.
Accostare il termine "capolavoro" ad un film fresco di uscita è quantomeno discutibile. "Drive" più che un "lavoro a capo" è infatti un'opera che trae a piene mani dal passato cinematografico delle due tradizioni, statunitense ed europea, non fornendo una sintesi vera e propria, ma limitandosi a giustapporre elementi di entrambe le cinematografie. D'altronde, Refn è danese, ha lavorato esclusivamente in Europa (dopo la trilogia danese di "Pusher", i due film made in England ""Bronson" e "Valhalla Rising"), ed è al primo contatto con la produzione a stelle e strisce. Il passaggio tra i due mondi è stato salutare. Refn ha mantenuto sostanzialmente l'impostazione visionaria e tecnica di tradizione europea ( infarcendo il tutto con composizioni sonore che rimandano alla grande prova di Trent Reznor in "The social network", grazie ad un nome poco considerato nel panorama hollywoodiano, quello di Cliff Martinez, una garanzia) ma ha voluto omaggiare (o comunque raccordarsi ad esso da esterno) il mondo del crime americano, scegliendo climax narrativi e di tensione, linearità e facilità di comprensione, del cinema blockbuster. Non a caso, le due componenti, forma moderna, contenuto classico, danno luogo ad una pellicola straniante che dall'interno porta ad una nuova combinazione inusuale dei fattori, ad uno sconvolgimento ambiguo e per nulla conciliante, in un risultato finale che non è sintetico ma dirompente. La duplice rivoluzione (molti sono stati i film rivoluzionari a livello formale o di contenuto, non molti quelli che abbiano unito i due cambiamenti) deriva dal disincanto provato da un europeo nei confronti della forma-clichè del cinema americano e dall'incostanza del particolare della sceneggiatura frutto di un lavoro più creativo che di assemblages della tradizione europea. La "politica degli autori" e "la politica dei mestieranti" cessano di essere in antitesi e si riconciliano. E' successo con grandi nomi di rifondazione (dei vari generi) nel passato, succede, oggi, molto raramente, quando un visionario diventa parte del sistema ufficiale. In tutto questo, Refn è in gamba a scegliere due attori meticci, Ryan Gosling e Carey Mulligan, molto noti al pubblico americano, pur essendo figli dell'impostazione classica europea. Gosling, canadese, è l'astro nascente e acclamato di una generazione di attori che bypassa il successo a tutti i costi e sceglie la strada del cinema mai usa-e-getta, la Mulligan ha una discrezione e una forza emotiva che rende indifferentemente nei film a matrice anglofila, trascendendo i generi comuni. "Drive" è figlio della tecnica dell'accostamento e, nella sua combinazione incessante, è uno dei "casi" cinematografici da tenere presente per un aggiornamento futuro del genere. Imprescindibile.