Magazine Cinema
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Caso al botteghino americano, partito in sordina per diventare un solido blockbuster, "The Help" mette insieme il meglio e il peggio del cinema insieme. Basato su un racconto di Kathryn Stockett, arrivato progressivamente ad un successo imprevisto e fuori tempo massimo (la tematica dei diritti civili per le popolazioni afroamericane ormai a mezzo secolo di distanza, la nomina presidenziale del primo uomo di colore alla Casa Bianca, segno di integrazione ben più che possibile, Obama), il film di Tate Taylor è un eloquente atto di commemorazione che funziona, all'interno di un meccanismo ben oleato, come motore contenutistico di un messaggio di uguaglianza che conquista senza mezzi termini lo spettatore, eliminando barriere culturali e ideologie marcatamente conservative. E', in quest'ottica, "The Help" fa davvero il suo lavoro e risponde ad un'esigenza di cinema etico e popolare insieme ammirevole. Una menzione "a lato" alle polemiche sulla ricostruzione del materiale storico, che di per sé ha alimentato un numero di critiche circa l'attendibilità di dati e situazioni, con lunghi articoli a sostenere o meno la tesi di un eccesso o meno di drammatizzazione della realtà storica. In questo caso, si può obiettare attraverso la presupposizione implicita che un film non sia realtà, ma ricostruzione "romanzata" della realtà e ricordando la derivazione letteraria dello script iniziale. Più problematico e più criticabile il modo in cui la sceneggiatura è impostata. Come detto il risultato finale, l'empatia e la commozione dello spettatore, sono raggiunti e solidi. Ma la strategia narrativa operata dal regista/sceneggiatore Tate Taylor è alquanto discutibile e poco riuscita. "The Help" diventa un ibrido tra commedia e dramma che non riesce a svincolarsi da meccanismi e cliché narrativi di decenni e decenni fa, tanto che ad un certo punto l'elemento grottesco viene a galla e più che ironico è alquanto disgustoso. Il carattere di Octavia Spencer, una sorta di Grillo Parlante, è una manifestazione banale e stereotipata della donna di colore che fa la colf e che è macchiettistica e stravagante nella tradizione cinematografica che porta alla storica Mammie di "Via col Vento". La stessa costruzione dei caratteri abbastanza stereotipata ed esagerata si nota facilmente dall'altra parte nelle crudeltà ossessive contro le persone di colore del personaggio dell'avida rampolla bianca americana interpretata da Bryce Dallas Howard che, a dire il vero, non è poi così lontana dalle esagerazioni Palin/Bachmann dei nostri tempi. In questo modo, le due protagoniste centrali, Viola Davis ed Emma Stone appaiono normalizzanti e propongono, soprattutto la Davis, che mescola forza espressiva e grande emotività, le interpretazioni migliori. Il limite di "The Help" è tutto nella rielaborazione dei caratteri singoli, tanto che attrici di impatto come Sissy Spacek vengono relegate a caricature, mentre personaggi di secondo piano come la Celia di un'insuperabile Jessica Chastain irrompono nella tradizionale dicotomia su cui verte il film e conquistano, di forza, la scena. "The Help" è un film corale ed è un bene per l'alleggerimento delle oltre due ore di durata, ma, tra reticenze e ridondanti ed evitabili siparietti poco edificanti, più che proporsi come un pamphlet tende spesso ad una rielaborazione finzionistica che è molto poco cinematografica. Sui titoli di coda, Mary J. Blige e la sua "The living proof" ci porta ad un paragone immediato con "Precious" in cui proponeva "I see in color". "The Help" è antitesi del film di Lee Daniels (ed è un bene) ma non riesce, come nel caso precedente, a svincolarsi da una scrittura che privilegia eccessi, psicologie spicciole e stereotipi che funzionano quasi come quei pregiudizi che si vogliono combattere/estirpare giustamente da principio o almeno ne danno ma forte. Probabilmente lo rivedremo agli Oscar 2012, soprattutto per il successo commerciale, ma "The Help" non è tra i migliori film hollywoodiani della stagione, sia ben chiaro.
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