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Immerso nella sua glaciale terra ibrida tra il feuilleton e il film storico, sospeso tra avvenimenti esterni reali (la disputa sanguinosa tra ugonotti e cattolici) e affascinanti quadri d'interno di derivazione letteraria (Madame de La Fayette), "The Princess of Montpensier" è un lungo e impervio film fuori dal tempo, ma è anche un'affascinante ritratto collettivo, "parata" di clichè e personaggi-ideali, intriso di una fortissima e vincente componente spettacolare, adagiata su una perizia tecnica di qualità. Tavernier riesce a raggelare l'emozione dominante ( il senso di accondiscendenza della donna) e a dare vera vita ai suoi duelli "cappa e spada" immersi in splendidi bozzetti rurali.
La novità sta nella forma. E questa la vera svolta di Tavernier non nuovo ad esperienze in "costume". "The princesse of Montpensier" è lontanissimo dalla sensibilità moderna, non arguto come un dramma di Jane Austen, dissimile rispetto al romanticismo propriamente detto, affine solo in parte al melò. Madame de La Fayette, scrittrice di fama amata dagli illuministi, mette insieme storia reale e dettagliata (la Francia delle guerre di religione) e aderisce pienamente ad una rappresentazione ambivalente, che oscilla tra analisi psicologica e racconto "sociale" senza dimenticare la componente emotiva/amorosa. Nulla di nuovo. Anzi il calderone dei generi è tanto vasto che non si riesce a comprimere la durata, non estenuante ma nemmeno adeguata ad una fruizione easy. L'effetto fiction, che sarebbe stato quasi un'ovvietà nel panorama audiovisivo italiano, viene evitato. La mano esperta di Bertrand Tavernier lascia scorrere la storia senza puntare molto sull'arricchimento/innalzamento contenutistico e si concentra esclusivamente sulla "mise en scène", giostrando con maestria luci e attori e soprattutto facendo dell'esterno paesaggistico il grande Personaggio dominante. La complessità visiva si accompagna alla semplicità del plot, che non va oltre la trasposizione fedele. In questo contrasto si regge il film. La cosa che importa è quindi lo scarto contenuto usuale/forma artistica rivoluzionata dall'interno. L'attenzione di Tavernier in questo senso è tale che le due componenti imprescindibili spesso paiono separarsi e non trovare una sintesi esclusivamente narrativa. Non c'è il grande gusto estetico e lo sperimentalismo di Jane Campion, ma un tocco più definito e artigianale, attento alla ricostruzione minuziosa di particolari momenti più orientati alla spettacolarizzazione che all'interiorità. In "The Princess of Montpensier", infatti, colpiscono i duelli, che hanno una veridicità nuova e giocano sull'integrazione del dato naturale (che sia visivo o soprattutto sonoro), diventando i fiori all'occhiello interni ad inquadrature leggere e cadenzate. Lo stesso si dica per i rituali mondani. Ma, ad un certo punto, la molla sensuale scatta e si manifesta con un'aggressività sensuale dirompente. Il maggior merito va alla protagonista, Mélanie Thierry, che non è un'interprete eccezionale, ma ha una carica seduttiva perfetta, capace di intercettare animi dissonanti come quelli dei rivali Gaspard Ulliel e Grégoire Leprince-Ringuet, oltre ad instaurare un'affinità particolare con un Lambert Wilson in gran spolvero. Una certa pesantezza da ripetizione ciclica va tollerata, ma "The Princess of Montpensier" è un'esperienza riuscita da molti punti di vista.
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