Magazine Cinema
4.5 su 10
"The Romantics" è un film che reclama con forza il suo carattere indipendente. Dietro il progetto e la macchina da presa, c'è Galt Niederhoffer, una giovane produttrice di titoli da Sundance ("Grace is gone", "Trucker", "The winning season"), qui anche regista. Non è un caso che molti giovani interpreti abbiano scelto di partecipare al progetto, sulla carta scritto e realizzato per piacere ai critici e acquistare uno status di pellicola di culto. Qualcosa è andato storto, perchè "The Romantics" è stata una delle delusioni più grandi dell'anno appena trascorso, per il mondo della critica ma anche per un pubblico sempre più smaliziato. Fare un film indipendente, secondo la mia ottica, non significa cercare di definire una dimensione della storia per forza corale e emotivamente originale, soprattutto se la coralità non ha una funzione narrativa, se non ad allungare un brodo già difficile da mandar giù, e la carica emotiva è data da continui confronti/scontri in cui si tende ad accentuare/mettere in dubbio quanto detto da uno dei due personaggi con sovraccaricate ripetizioni dei concetti, grazie al controcanto dell'altro personaggio (i confronti sono sempre tra due characters e la struttura diventa una boutade che segue questo schema, per nulla originale, in più) . I dialoghi, da questo punto di vista, ne escono con le ossa rotte (tra un: "Era bello!", "lo era?"). Aggiungeteci una gamma di attori promettenti, che sono spaesati tra citazioni di Keats (riportato anche su Ebook Reader, tanto per esagerare), preparativi ante-wedding con implicazioni infantili, bagni di notte e "scambi" di coppie, su cui si erge il confronto sposa/migliore amica della sposa innamorate dello stesso uomo, uno stoccafisso inespressivo, Josh Duhamel. Attorno a loro altre storie inverosimili, interpretate male (da attori come Adam Brody e Malin Akerman, da Elijah Wood a Jeremy Strong), in un ambiente, una tenuta campestre, che è la cosa migliore del film, insieme alla colonna sonora, evitando, va detto, il leit-motiv iniziale del film, leggeremente invadente. Lo scontro a lontananza Anna Paquin/Katie Holmes non vede una vincitrice su un piano recitativo, nemmeno nel confronto finale, e la cosa più interessante resta lo smalto rosso-arancio sulla calza sfilata della signora Cruise, che per circa un'ora, prima di un gridolino orrendo della Paquin, è l'elemento più rimarchevole (nel bene e nel male) di una pellicola senza spina dorsale. Evitate con cura.
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