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"Cyrus" è un piccolo film indie. Il tono dominante è agrodolce, con qualche punta di cinismo e qualche pagina divertente. La prima impressione è la volontà di aderire ad uno stile minimal. In realtà, i fratelli Duplass hanno tra le mani una storia "potenzialmente" esplosiva e riescono a tenerne ben strette le redini, evitando il tono melò tipico del cinema italiano, ma anche del mainstream Hollywoodiano, esempio di dramma gridato e instabile. I Duplass riescono a dare al soggetto una sceneggiatura (sono anche i writers del film) ben articolata, che offra intensità e soprattutto sia problematica, senza per questo diventare un fiume in piena di pseudo-tragedie. Così oltre al tono agrodolce, l'elemento che meglio connatura il film è il tocco. Il tocco è la discrezione con cui i registi si occupano della storia, la capacità di rendersi macchina da presa invisibile (ma non per questo sbilanciata o sgangherata) e il tatto nella definizione di personaggi, in balia dei loro mondi, uniti in una simbiosi (cos'è per John l'ex-moglie se non una ex-madre tanto quanto Molly per Cyrus?) complessa, ma anche non banalizzata. Per rendere la complessità di un carattere come quello di Cyrus, che da il titolo al film, con le sue paturnie vere o presunte e il suo attaccamento morboso alla madre, si cerca un interprete che unisca la componte fisica adatta ad uno sguardo che è insieme comico ma anche carico di sfumature come Jonah Hill, che riesce al meglio, lavorando su immagini interne piuttosto che su gigionate di avanzata carriera. E per rispondere alla medesima esigenza di instabilità, nel ruolo del nuovo compagno della madre di Cyrus, viene scelto un John C. Reilly altrettanto docile, incapace di spiccare il volo, con una personalità più marcata ma non per questo meno complicata. Si aggiungono due donne. E i Duplass non possono che scegliere Marisa Tomei, la Signora del Cinema Indipendente, che non delude, sprizzando una femminilità meno debordante ma più mentale, ed una non protagonista d'eccezione come Catherine Keener, il cui character viene valorizzato da una scrittura lineare. In tutto questo, il film segue strade diverse, con degli abbozzi sociali informi, a vantaggio della dimensione intima e privata di una storia che vale di per sè e che non ha bisogno nè del dramma acuto nè del ricorso alla becera commedia per colpire. Punta tutto sulla semplicità, che per i Duplass significa possibilità di trasformare le esperienze di vita (con le loro situazioni-conseguenza) in qualcosa di normalizzante e di normalizzato, che trova una sua comprensione così com'è. Da vedere.
In uscita il 2 Dicembre
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