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"Mammuth" è un film difficile da valutare. Perchè è da inserire in un contesto cinematografico non prolifico. E' un prodotto atipico per la stessa identificazione in un genere. L'elemento grottesco riesce a stemperare continuamente il dramma, la comicità è quasi del tutto assente e lascia spazio ad un lungo on the road senza nè capo nè coda apparenti, in cui i personaggi sono esemplificazione di un mondo completamente stravolto, popolato da uomini piccoli e soli, da esseri stranissimi, impazziti. In realtà, i due registi francesi di Louise Michel, Benoît Delépine, Gustave de Kervern, al secondo giro, delineano un film-personaggio, completamente incentrato sul character Mammuth, un pensionato all'apparenza zotico e privo di intelligenza, che compie un viaggio per rimettere insieme le buste paga dei vecchi lavori in modo da avere una pensione accettabile. Il viaggio verso il passato è un viaggio verso sè stessi, ed ecco che compaiono le remore di un uomo, che ha, per usare delle sue parole, speso la vita a lavorare per dimenticare. I personaggi secondari, dalla moglie, una Yolande Moreu senza guizzi, a una lunga serie di incontri-scontri, sono marginali. Domina l'interpretazione di Gerard Depardieu, che crea un personaggio-manifesto grazie a silenzi ed uno stravolgimento fisico. Il film, che ha una fotografia vintage molto ricercata, è un gioiello, ma per ceti versi è anche un sasso gettato sulla strada, arido e non immediato. Dovendo dare al film una valutazione artistica, il parere è positivo, dovendo pensare a "Mammuth" come motore emotivo, il giudizio è diverso. A dire il vero, sul lato emozionale, non lascia proprio traccia.
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