Giovanni era il mio preferito perché conduceva la sua vita da villeggiante senza il bisogno di legare con i suoi coetanei autoctoni. Trascorreva il mese di luglio a casa della nonna, un appartamento all’ultimo piano di un edificio signorile dalla eccessiva impostazione architettonica eclettica, costruito cioè in quel periodo in cui non sembrava strano mettere fianco a fianco un palazzo orientaleggiante a un villino di impronta tardo-gotica. La nonna di Giovanni occupava l’attico, quello con le torrette dedicate alla zona notte, una residenza di elevato prestigio che la diceva lunga sulla classe sociale della famiglia di origine. Il padre era un ingegnere milanese benestante ma non ricco sfondato, altrimenti non avrebbe certo mandato il figlio al mare in quel posto lì. Giovanni era alto e ben piazzato ma con una faccia da babbionello, forse perché aveva la media del nove al ginnasio e a sedici anni si stava per diplomare in pianoforte. Non trovavo corretti i concentramenti di bravura, per di più uniti alla bellezza e al carisma. Giovanni per fortuna aveva qualche carenza almeno in questo senso, per il resto era informato, intelligente, molto serio ma piacevole da frequentare. Soprattutto se ne stava in disparte e non sembrava dispiacersene. Condividevamo una parte del tragitto per rientrare a casa dopo un’intera giornata di mare, sua nonna tornava prima per allestire la cena, e mentre chiacchieravamo lo vedevo sereno, senza quella fregola di piacere alle ragazze che avevamo un po’ tutti, poche parolacce, il tutto potenziato da un tipo di sicurezza di sé che non conoscevo e mi suonava molto affascinante. Ma la cosa che mi incuriosiva più di Giovanni era il fatto di vivere a Rho. Non avevo mai sentito nominare Rho, né pensavo che potesse esistere un posto con un nome in italiano contenente l’uso dell’acca così particolare. Avevo cercato sull’enciclopedia e sull’atlante e avevo letto del tessuto economico di Rho, delle raffinerie e delle industrie, dei cotonifici e del polo chimico. Mi chiedevo come potesse essere la vita di un ragazzo come Giovanni che passa le giornate dopo la scuola a studiare latino, greco e pianoforte senza interruzione, solo che fuori ci sono ciminiere che eruttano fumo e lingue di fuoco che illuminano un’atmosfera malsana densa di caligine e vapori di fabbriche. Ora Rho è a una manciata di chilometri dal posto in cui vivo e in questi giorni in cui si parla di distese di cantieri improduttivi, autostrade a quindici corsie che nemmeno a Los Angeles, matrioske di imprese subappaltatrici che ci faranno mancare non solo l’impegno con il mondo intero per Expo2015 ma anche un’identità geografica di riferimento perché dell’Italia, a quel punto, non rimarranno che i pentastellari a blaterare di scie chimiche sulle macerie, proprio in questi giorni pensavo a che ne sarà stato poi di Giovanni, se ora è ingegnere pure lui o è diventato un bravo musicista.
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