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Ribellarsi si può e si deve, ma quando il nemico cambia bisogna cambiare tattica.

Creato il 05 ottobre 2012 da Gianna

Ribellarsi si può e si deve, ma quando il nemico cambia bisogna cambiare tattica. Penso agli anarchici che dopo aver lottato contro la “legalità” fascista, si trovarono a fare i conti con quella repubblicana e furono perseguitati per tutta la vita come individui pericolosi per la “sicurezza” dello Stato. Penso a quanto sia stata e sia ipocrita quella parola: “sicurezza”! E a quanto ancora di più, oggi, abbia perso qualsiasi significato reale. Sì, lo Stato avrebbe dovuto avere questa funzione, ma mai come ora è evidente che se prima, volendo, poteva essere in grado di averla ed era logico combatterne l’inefficienza, ora non la PUO’ più avere: qualcuno è riuscito a far diventare inutile questa guerra. Viviamo e subiamo una situazione economica ed esistenziale sotto attacco permanente: i potenti non fanno altro che estorcere ai non abbienti quel pochissimo che ancora possiedono, rendendo sempre più povere le popolazioni sottomesse, mentre i pochi e intempestivi interventi dei politici che governano hanno tutto l’aspetto di non servire praticamente a nulla. Lo Stato, per noi gente normale, non serve più, non esiste più, perché non ha più potere, perché è diventato egli stesso un servo. Un servo di quelle oligarchie dominanti che, in questa fase, con una spietatezza e una freddezza da serial killer, stanno mettendo in atto una tattica autoritaria e repressiva che sta schiacciando le categorie sociali più deboli ed esposte. Penso a quanto reale sia stato nella storia il ruolo dello Stato come nemico dell’anarchismo: il male assoluto da combattere, il demone autocratico da demolire, il luogo del potere supremo per eccellenza nel quale erano concentrati tutti gli altri poteri. Ora questo nemico non esiste più, la guerra allo Stato oppressore è diventata una lotta contro i fantasmi. Lo Stato è solo un contenitore vuoto, ormai inservibile e mal ridotto, e non contiene più in sé la concentrazione del potere egemonico. Ora il nemico vero è un altro. È cambiato il modo attraverso il quale si impone il dominio: ora è la supremazia finanziaria che governa. Ben lontana dall’essere composta da rigide strutture di comando che si impongono attraverso apparati gerarchici, essa non è racchiudibile in classi o categorie sociali definite, tali da costituire un obiettivo preciso a cui potersi opporre, ma si muove attraverso un intreccio non strutturato di poteri che agiscono al di sopra e ben oltre gli Stati in ogni parte del globo. Ora il potere non viene più esercitato attraverso gli apparati di governo, ma attraverso il controllo e la manipolazione dei movimenti finanziari e lo Stato è diventato uno strumento da ricattare attraverso il quale imporre le condizioni annichilenti che sacrificano le popolazioni all’ingordigia degli speculatori globali. Non è più il “gendarme della borghesia” di marxiana memoria, ma semplicemente un amministratore territoriale, uno squallido esattore per il campo sterminato della speculazione finanziaria globale. Per questo non ha più la possibilità di offrirci nessun tipo di sicurezza, nemmeno quella di combattere un nemico; lo scopo, se prima c’era, non è più quello di fornire servizi efficienti in cambio delle tasse che incamera, ma quello di controllare ed estorcere denaro da versare nel gorgo vorace e spietato dell’idrovora finanziaria. Non poteva essere diversamente: in un mondo diventato una grande rete di comunicazione, in cui si intrecciano spostamenti, azioni e scambi, gli Stati nazionali hanno esaurito la loro funzione specifica e al di sopra di essi si è formata una complicatissima trama di forze assolutamente anonime che, proprio per la loro inconcretezza e inafferrabilità, sono diventate egemoni a livello planetario. Per questa ragione, anche se si riuscisse a fare un reset completo delle classi politiche, a sovvertire l’attuale vergognoso sistema partitocratico cambiandone modalità e rappresentanti, non si arriverebbe comunque a risolvere il problema di fondo: l’eliminazione della matrice principale dell’autorità. È come prendere un antidolorifico: si combattono i sintomi ma non si estirpa il male alla radice che non ne sarà scalfito che in minima parte e continuerà imperterrito a imporsi, conservando praticamente intatto il suo potere distruttivo. Ed è per questa ragione che trovo ridicoli ed estenuanti tutti i tentativi di accreditarsi l’onore e l’onere del cambiamento: non ci sarà nessun cambiamento, è solo un agire inconcludente, un reiterarsi all’infinito di falsi scudi ideologici che decadono e risorgono mentre la matrice che li alimenta e li perpetua rimane sempre la stessa. Il cambiamento vero ci sarà solo quando le persone potranno sottrarsi il più possibile alle maglie tentacolari e avvolgenti del potere, quando potranno intervenire direttamente nella difesa sociale, quando il mutuo soccorso e la solidarietà diventeranno i soli ideali possibili da raggiungere, quando le persone potranno gestire autonomamente i piccoli e fragili guadagni di una sudata vita di lavoro senza essere costretti a ricorrere ad un sistema di rapina legalizzata. Lo so, sono monotematica, ma sono talmente convinta che questo sia il solo modo per cambiare le cose che ho bisogno di ribadire spesso quello che molti chiamano utopia. Sì, sarà anche utopia, ma è l’unica strada percorribile, altrimenti ogni guerra, ogni ribellione sarà semplicemente inutile e soprattutto dannosa per chi la combatte.

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