«Adoro la parola “terrone”, è legata alla terra. Non mi ha mai dato fastidio quando mi veniva cucita addosso dai compagni di corso a Milano. È grazie a quel “terrone”, a quella definizione di “ragazzo tutto nero che viene dal Sud”, che sono stato notato da mia moglie». Così Riccardo Muti ieri nella sala eventi del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria, per visitare la mostra organizzata da Poste Italiane, “La Musica tra Storia e Filatelia”, promossa dall’Assessorato alla Cultura e Legalità sotto la regia di Lucia Federico, con tanto di annullo filatelico in onore del maestro.
Ha ripercorso la storia dei musicisti napoletani, ha ascoltato le parole di chi presenziava alla manifestazione, poi ha chiesto ai giornalisti di lasciargli vedere il pubblico a cui ha iniziato a parlare:
La musica si basa su sentimenti» ama ripetere il maestro. Oggi li ha toccati nel profondo quei sentimenti, raccontando il primo incontro con i ragazzi dell’orchestra di fiati di Delianuova, mentre il maestro Gaetano Pisano, schivo come lui, a disagio sotto i riflettori, lo accarezzava grato, da lontano, con gli occhi e con il cuore. Ascoltarlo e capire di cosa ha bisogno questa terra è un processo automatico, senza soluzione di continuità. Il maestro ha ripercorso la propria vita, da Molfetta a Napoli, poi Milano, poi la ribalta mondiale. «Adoro la parola “terrone”, è legata alla terra. Non mi ha mai dato fastidio quando mi veniva cucita addosso dai compagni di corso a Milano. È grazie a quel “terrone”, a quella definizione di “ragazzo tutto nero che viene dal Sud”, che sono stato notato da mia moglie». Dal profondo Sud alle orchestre più preparate del panorama internazionale. «Quest’anno sarò a Salisburgo per il 42simo anno. Sono tanti». Con qualche dolore, come quando fu chiamato a Vienna per dirigere il concerto Capodanno, e si ebbe a ridire sulla sua cultura del Sud: “Cosa c’entra Napoli con Vienna?” aveva scritto qualcuno. Gli risposero direttamente da Vienna, chiamandolo per altre tre volte a dirigere l’orchestra. Compreso nel 2000, l’anno più importante. Altri dolori, come la bandiera sgualcita italiana alla frontiera, troppo piccola e sbiadita di fronte ai metri di bandiere austriache o tedesche che «garrivano contente» appena si superava la frontiera. Poi il misunderstanding per il “Fidelio” di fronte a Ciampi, le accuse pesantissime perché si era rifiutato di eseguire l’inno di Mameli, la calma e la pazienza nello spiegare la valenza ben più alta, non solo nazionale, racchiusa nel Singspiel di Beethoven. Si starebbe ad ascoltarlo per ore. Ma il maestro Muti è a Reggio per loro, i mille ragazzi che stasera alzeranno dalla piazza d’Armi della Scuola Allievi Carabinieri il loro comune sentire, il loro aver compreso gli insegnamenti più alti che derivano dalla musica. «Il comportamento di questi ragazzi, come la loro disciplina, è degno delle migliori orchestre del mondo».(fonte scirocconews.it)
E quando gli hanno chiesto perchè proprio a Reggio Calabria ha risposto: «Perché l’ho fatto? Perché sono stanco di sentire che il Sud è soltanto malaffare. Perché non ce la faccio più a vedere che l’Italia è diventata il trastullo della stampa internazionale. Perché spero che il concerto dia una sveglia a chi crede che la Calabria sia solo una terra di ’ndrangheta. Poco ho fatto: mi sono limitato a dare un segno. Il segno di una forza che esiste, in Calabria e in tutto il Sud».
Ed ha aggiunto: «Perché la gamba, senza il piede, non cammina». (Fonte Scirocconews.it)