Come annunciato in un precedente post, è scattato il piano d’azione per il rientro in Italia. Il “piano A” precisamente, cioè quello che prevede la ricerca di lavoro in Italia da Londra.
Ebbene, nel giro di qualche settimana sono riuscita a trovare un paio di offerte di lavoro interessanti. Non scenderò nei dettagli delle posizioni e dei relativi datori di lavoro, ma un accenno alla cosa non può certo mancare.
Primo tentativo: il colloquio conoscitivo
Il primo tentativo che ho fatto di invio CV è andato alla grande. Il mio profilo è “risultato in linea con quello ricercato” e, ancor prima della data di chiusura della procedura per candidarsi, sono stata contattata e invitata a svolgere un primo colloquio conoscitivo, che mi è stato concesso di svolgere via Skype.
All’anima del primo colloquio conoscitivo, come si dice dalle mie parti! La conoscitiva chiacchierata è durata circa un’ora, che credo di aver sfruttato al massimo, dando un’idea abbastanza chiara di chi sono e cosa ho fatto e ostentando una certa sicurezza, nonché una discreta dote di simpatia e autoironia.
Trascorsa all’incirca un’ora dall’inizio del colloquio mi viene chiesto di affrontare un test scritto. Sorridendo entusiasta accetto. Il sorriso svanisce quando capisco che ho un’ora di tempo da quel preciso momento.
Ora non sono certo una che si spaventa per un test scritto soprattutto se in italiano, visto che ho dovuto per anni sforzarmi di compilare domande e presentare testi in inglese. Certo però devo ammettere che dopo una buona ora di colloquio, che da quello che avevo capito doveva essere “conoscitivo” e che il termine conoscitivo non mi avesse fatto assolutamente immaginare la possibilità di un test scritto in cui misurare le mie competenze, mi ha colto un pò di sorpresa.
Solitamente nei colloqui che mi è capitato di fare qui a Londra il primo colloquio è davvero conoscitivo, soprattutto se presentato come tale. Ti vesti di tutto punto (cosa che io ho fatto anche per il colloquio via Skype in questione), ben cosciente dell’importanza del dress-code, cioè del codice di abbigliamento da intervista, e chiacchieri per un tempo che varia dai 20 minuti ad un’ora. Dopodiché saluti calorosamente e aspetti la fatidica frase, “le faremo sapere” che solitamente a Londra è seguita da un termine massimo in cui effettivamente vieni contattato via email o via telefono per l’esito di questo primo colloquio che, se positivo, ti apre le porte a una seconda “interview”, con annesse e connesse prove scritte, orali o pratiche.
C’è da dire però che anche a Londra negli ultimi tempi hanno imparato a risparmiare il tempo di una risposta negativa e, prendendo esempio dai veterani del “le faremo sapere…ma non si aspetti che lo facciamo davvero”, iniziano a scarseggiare anche oltremanica i potenziali datori di lavoro che si degnano di una risposta.
Avranno imparato mica da noi? Noi italiani, si sa, esportiamo solo il meglio!
Comunque, sono trascorse ormai quasi 3 settimane e, malgrado la speranza sia l’ultima a morire, dopo 20 giorni comincio ad avvertire uno strano presentimento, soprattutto perché da quanto mi era stato detto durante il colloquio, la risposta sarebbe dovuta arrivare entro una settimana dalla “chiacchierata conoscitiva”.
Le dita restano comunque incrociate anche se è con una ormai velata positività che mi preparo al secondo tentativo di ricerca.
Vi tengo aggiornati!