Ricerca di lavoro in Italia – Parte II: il concorso pubblico

Creato il 10 agosto 2012 da Nataliaamepiaceilsud

E finalmente la risposta per quel colloquio di cui avevo parlato nel precedente post è arrivata.

Il mio profilo, che fino ad un certo punto era stato considerato “in linea con quello ricercato”, ha improvvisamente perso tutto il suo appeal ed è stato declassato a “non completamente in linea con quello ricercato”. Spiacenti della risposta negativa, auguri per la ricerca e tutti i convenevoli del caso.

Da ricercatrice di lavoro di lunga esperienza, non ero di certo rimasta ad aspettare con le mani in mano. Anzi, tra le mani mi era capitata un’altra succulenta offerta di lavoro. Lavoro interessante, stipendio dignitoso, “qualifica-qualificante”, insomma, tutto bello, bellissimo. Un solo neo: assunzione per concorso pubblico. SI SALVI CHI PUO’!

Secondo tentativo: il concorso pubblico

Ecco, questo è forse il primo degli elementi che metterei in cima alla lista dei pro e dei contro del rientro in Italia, ovviamente nella colonna dei contro. Non è la prima volta che ci provo. Il concorso pubblico serve a farti perdere una marea di tempo ed anche una buona somma di denaro. L’ultima volta che c’ho provato credo fosse nel lontano 2000, quando ancora Internet non era di facile accesso per tutti e inviare domande via email era ancora un sistema poco utilizzato dalle nostre parti.

A distanza di più di 12 anni, sembra che le cose non siano cambiate molto, sempre dalle nostre parti. Infatti i concorsi pubblici restano quei complicati procedimenti non ancora colpiti dal progresso e dall’innovazione informatica, ancora ignari della tecnologia delle email e della posta elettronica. Non ammesse, dunque,  domande via email.

Irrinunciabile è la possibilità di farci spendere due soldi tramite le care vecchie poste italiane per non parlare del bottino raccolto attraverso i versamenti per la partecipazione alle selezioni.

Senza troppa fiducia nell’arrivo di una raccomandata con ricevuta di risposta inviata dall’estero, ho cercato di raggiungere Roma in tempo per il termine ultimo di presentazione delle domande che, grazie a non so quale santo, si potevano consegnare anche a mano.

E quindi i primi di agosto mi sono precipitata a casa.

I miei mi hanno fatto trovare appena arrivata la domanda stampata che io avevo precedentemente inviato via email. Via con la compilazione degli ultimi campi a mano e la firma di ciascuna delle 15 pagine. 15, ribadisco, firme a piè di ogni benedetta pagina. Ricevuta del versamento tramite posta accanto alla domanda. Busta formato A4 indirizzata a tal dei tali, responsabile dell’ufficio tale per l’assunzione, etc. etc.

Non ammessi neanche i CV, a dispetto di quanti, fieri di una vita di esperienze lavorative, pensano di poter allegare il proprio curriculum e mostrare di che pasta sono fatti. Pena l’esclusione.

La valutazione della correttezza “formale” delle domande presentate sarà ovviamente solo una prima fase, una scrematura che è già costata all’incirca una quindicina di Euro a ciascuno dei potenziali candidati.
Dopo questa prima scrematura, che immagino avvenga controllando che tutti abbiano pagato il bollettino ed escludendo quei poveri sbadati che hanno scritto la causale nel modo sbagliato, o hanno apposto una firma sospetta su uno dei fogli e che avverrà in circa 60 giorni, verrà pubblicata la lista di coloro che sono stati ammessi a partecipare alle preselezioni vere e proprie che prevedono prove e colloqui vari, valutazione dei titoli e tutto il pacchetto solito.

La tentazione di tornarmene a casa mentre facevo la fila c’è stata. Ho resistito però e ho consegnato la mia domanda di partecipazione alle preselezioni. Ci vorrà qualche mese per conoscere la lista degli ammessi.

C’ho provato e, malgrado tutto, vado avanti, verso Sud!


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