Ah, che bello sarebbe se qualcuno mi pagasse per cercare un impiego e per raccontare quello che succede durante i colloqui e nelle varie fasi di selezione che il fantastico mondo del lavoro italiano offre! In queste ultime settimane ho avuto due esperienze indimenticabili, che devo assolutamente condividere con qualcuno.
Oggi scrivo della prima di queste due avventure, perchà la seconda è ancora in fase di svolgimento e visto che ho già un’idea di dove andrà a parare, voglio proprio aspettare fino alla fine per non rischiare di tralasciare i dettagli più succulenti.
Ma concentriamoci sull’argomento di oggi.
Sintetizzando un pò: invio curriculum vitae per un’offerta di lavoro su un noto portale “cercalavoro”. Posizione richiesta: organizzatore eventi – NO vendite. Non ci sono maggiori dettagli, ma di questi tempi bisogna accontenarsi e buttarsi un pò in tutto! Vengo quindi “prescelta” e convocata per un colloquio. Riesco finalmente a capire il nome della società. Faccio ricerca su internet. Producono materassi e cose del genere. Non sono particolarmente interessata ma di questi tempi bisogna accontenarsi. Mi mordo il labbro ma vado!
Mi ritrovo a sorpresa a partecipare a un colloquio di gruppo, particolare del quale nessuno dei presenti era stato avvisato.
Come prima cosa mi fanno compilare un modulo con una serie di dati personali tra cui, quello più in evidenza, è il possesso di patente e di macchina.
Capisco l’antifona che già mi era abbastanza chiara ma decido di andare fino in fondo. Per testare la situazione dichiaro di non possedere una macchina di proprietà ma di dividerla con un familiare.
Lascio in bianco gli spazi dedicati a “Qual è il lavoro dei tuoi sogni” o “Quanto aspiri a guadagnare dal tuo lavoro dei sogni?” perchè davvero non ci spreco neanche le energie a rispondere a queste domande idiote, anche se penso che di questi tempi bisogna accontenarsi.
Consegno quindi il modulo con un’inifinità di spazi bianchi, tanti quanti le domande imbarazzanti alle quali mi rifiuto di rispondere e mi siedo ad aspettare che il tizio presenti l’azienda, come ci aveva anticipato.
Dopo una manfrina di circa mezz’ora sugli altissimi standard qualitativi del prodotto, gli innovativi sistemi di marketing e gli straordinari guadagni che si potrebbero ricavare mettendo solo un pò di impegno a disposizione di questa fantastica azienda, ci spiega che:
- il guadagno dell’ “organizzatore eventi – no vendite”, che deve organizzare serate in cui l’incaricato alla vendita sarà un tizio, un certo relatore (di cui sarà bene testare le doti di venditore perchè se lui non vende, tu non guadagni!) è solo ed esclusivamente sul prodotto venduto (dal relatore);
- tutte le spese sono a carico dell’organizzatore eventi: telefono, benzina, connessione internet e via dicendo;
- l’organizzatore eventi deve aprire partita iva e provvedere al pagamento di tasse, contributi e chi più ne ha più ne metta;
- l’organizzatore eventi deve quindi solo fissare gli appuntamenti, incontrare persone e partecipare alle riunioni due volte a settimana nella sede centrale dell’azienda.
Da come la mette il tizio, per alcuni versi sembra anche una cosa quasi seria e dalla quale si potrebbe ricavare a fine mese uno “stipendio” di quelli che di questi tempi fanno venire il capogiro, d’altronde non dimentico che di questi tempi bisogna accontenarsi.
Trattengo il fortissimo istinto di mandare il tizio a quel paese e aspetto che finisca la “presentazione” perchè ci è stato annunciato che alla presentazione di gruppo sarebbe seguito un colloquio individuale.
Aspetto il mio turno, ma solo perchè sono tra i primi. Mi siedo di fronte al tizio che dà una veloce occhiata al modulo che avrei dovuto compilare e sottolinea compiaciuto le mie esperienze all’estero e il mio master conseguito in Inghilterra. Gli piaccio. E’ chiaro. Non lo nasconde.
Poi tutto d’un tratto si blocca. Lo sguardo si fa serio, severo. “Vedo che lei non ha una macchina di proprietà!” esclama con sorpresa e con un velo di compassione.
“Ce l’ho – rispondo prontamente – ma la divido con la persona con la quale vivo”. “Ah, quindi come funziona? Quanti giorni a settimana ne può disporre” e diventa sempre più invadente, finchè sbotta “il fattore della macchina è determinante” e spiega che non può rischiare che la sua azienda faccia una figuraccia nel caso in cui un giorno, causa mancanza macchina, uno dei suoi “impiegati” non possa essere puntuale a un appuntamento.
Rispondo che non ho mai fatto fare figuracce a nessuno in vita mia, tantomeno a me stessa e che, se mi avesse dato uno stipendio fisso, sarei corsa a prendere una macchina a rate, ma viste le condizioni avrei dovuto continuare ad affidarmi alla mia macchina condivisa e ai mezzi pubblici “Sa? Di questi tempi bisogna accontenarsi.”