Magazine Famiglia

Ricerca sulla violenza intra-familiare alle donne

Da Agueci

Un’inchiesta condotta dallo sportello «Diana»

«Nove donne su dieci hanno subito almeno un tipo di violenza fisica: percosse, schiaffi, spinte, calci, pugni, tentativi di strangolamento o soffocamento, sono termini che ricorrono con una frequenza. Tutte le donne intervistate dichiarano di aver subito almeno un tipo di violenza psicologica fra cui umiliazioni, denigrazioni, svilimento della propria persona, minacce, limitazioni alla libertà personale, ingiurie. Sette donne su dieci denunciano almeno un tipo di violenza economica: mancanza di un sostegno alla famiglia, non ottemperanza agli obblighi di mantenimento stabiliti dal giudice in caso di separazione, privazione e/o controllo del salario, impedimento a cercare un lavoro e a mantenerlo. Sulla violenza sessuale, tre donne su dieci hanno subito questo tipo di violenza, fra cui rapporti non desiderati, ma imposti, richiesta di atti sessuali umilianti»

È quanto è emerso da una ricerca empirica condotta presso lo sportello “Diana”, allocato nel Tribunale di Trapani, dalla neo laureata dott.ssa Daniela Ricciardi seguita dalla prof.ssa Ignazia Bartholini.

Dall’analisi, tendente ad appurare i “percorsi d’uscitadelle donne vittime di violenza domestica”, si evincono alcune caratteristiche socio-anagrafiche. Tra le dieci intervistate non emerge una donna tipo poiché il fenomeno penetra trasversalmente nel tessuto sociale dei diversi status. Solo quattro delle donne hanno un lavoro retribuito, mentre il titolo di studio in generale è medio-basso: tre sono in possesso di un diploma, due della licenza elementare, quattro di quella media e una sola è prossima alla laurea.

Lo studio si articola in cinque cluster analysis (analisi multivariata dei dati). Tra i fattori scatenanti le dinamiche degli episodi di violenza risulta che essa nasce subito dopo il matrimonio e sovente s’intensifica durante la gravidanza o al momento della nascita di un figlio. Le cause son dovute a una relazione extraconiugale del partner o a semplici marachelle dei figli. Alcune volte emergono con la perdita o con i problemi legati al lavoro da parte del partner: scatta l’insoddisfazione, l’ansia, la frustrazione, fattori che si ripercuotono sulle relazioni primarie dell’individuo e sulla vita familiare.

Rilevano le ricercatrici che, quasi la totalità delle vittime, prima di attuare un percorso di uscita dalla violenza e chiedere aiuto, passano molti anni in una relazione che li danneggia sia fisicamente che psichicamente, con la conseguenza che «le donne esposte, per molto tempo, alla violenza cominciano a perdere la loro autostima, il senso di sé, il senso della realtà, la capacità di definire quello che succede intorno a loro, di darvi un senso personale»

Sul ruolo comunicativo si valuta importante quello svolto dai luoghi antiviolenza e in particolare quello dello sportello “Diana”: il passaparola tra le amiche e tra i vicini sono elementi per una conoscenza. Interessante è anche la nota che emerge sul ruolo dei mass media e in particolare della televisione nel diffondere notizie e info concernenti l’esistenza dei vari servizi presenti sul territorio. Soprattutto «la scuola – affermano le studiose - deve mobilitarsi nel momento in cui viene a conoscenza di determinati episodi garantendo un lavoro di rete che coinvolga la famiglia e i servizi sul territorio».

Un limite riconosciuto c’è nella ricerca ed è – come asserisce la Bartholini - il non aver indagato a fondo sulle caratteristiche degli autori violenti, osservazione che sicuramente sarà oggetto di studio in un futuro prossimo.

SALVATORE AGUECI


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