La mia prima vita, il mio primo matrimonio, il mio primo figlio.
Al termine della serata del 14 ottobre, questo ho pensato.
Organizzare questa cena con la stampa per me è stato come organizzare un matrimonio. Così come questo libro: un parto.
Lasciami raccontare una storia, l’incipit di tutto.
Dicembre 2014: mi incontro con Francesca, che come lavoro fa la editor e davanti a un veggie burger, da Ham Bistrot, in Via Savona, decidiamo che questo sogno è da concretizzare quanto prima. Faceva freddo, ci siamo abbracciate, sono tornata in ufficio con una leggerezza inconsapevole. Inizio a pensare, l’idea ormai è partita con cavalli al galoppo e in un secondo penso al fotografo, alle ricette, all’impostazione. Butto giù prospetti, inizio a riempire di email Francesca, e anche Chiara, che voi conoscete come ex funky mama ma per me nell’ultimo anno è stata una confidente e una roccia. Parte la macchina organizzativa e partono email nelle quali busso ad ogni porta per trovare sponsor, o semplicemente una cucina dove potermi chiudere per tre settimane e scattare tutte le fotografie. Inizia il recupero dei props, delle scenografie.
Gennaio 2015. Nell’esattezza del giorno 5. Su un volo in classe economy della delta Airlines, abbracciata al mio amore, di ritorno da New York. Un fulmine tra pesantezza di jet-lag e la cabina immersa nel sonno di un volo transoceanico. Io non posso andare a Parigi quest’anno. Non posso buttare via 15 giorni in uno stanzino, attaccata a persone che non stimo e a fare un lavoro che non mi da più respiro ma solo ansia e frustrazione. Come fare. Ho un prestito da pagare. Un fido da cui rientrare. Nessun risparmio, un affitto da pagare. Non posso deludere le aspettative dei miei genitori. Non posso lasciare adesso che stiamo pensando a un bambino, un contratto a tempo indeterminato che vede la maternità pagata, e che magari chiude anche un occhio sulla facoltativa. Eppure: eppure ho una vita che scalpita di essere vissuta. eppure ho le mani attorno del mio gitano, il mio amore, seduto accanto a me, compresso in questa poltroncina di aeroplano, qui accanto a me che solo con il suono del suo respiro e la sincerità del suo amore mi rimette in piedi il battito cardiaco e mi fa capire che andrà tutto bene. Eppure ho un libro da scrivere e tempo da dedicare, perché il tempo porta cura e la cura porta meraviglie. Eppure questo bambino quando arriverà avrà ile esalo migliore: due genitori che si amano e che hanno capito come trovare tempo per loro, i propri sogni, le avventure. E questa è la favola più incantata da raccontare a una piccano anima in viaggio verso il pianeta terra. E allora che sia.
Make it happen. Fallo succedere. Troppi mi dicevano: che fai? Sei sicura?
Troppi pensavano: sei matta, tornerai indietro.
Risuonano ancora come una radio ad intermittenza le parole del mio ex capo sei una fottuta naive, dove credi di andare.
Risuonano le parole di un vecchio e diabolico drago cattivo che anni fa aveva provato a tarparmi le ali: sei problematica, una buona a nulla.
Mi dicevano: non sai cucinare. Mi dicevano: sei superficiale. Mi urlavano – dietro le spalle, come se non sentissi lo stesso – te ne pentirai e non avrai più la posizione che avevi.
E allora le insicurezze i pianti. Il tutto frullato in una testa nello spazio temporale di…3 giorni.E non ero sicura e avevo paura ma dovevo provarci. Così ho chiuso gli occhi e il mio salto nel buio era il click di invia sul mouse. E il mio salto nel buio è cominciato con una lettera di dimissioni via mail, scritta in punta di piedi per non fare rumore chè ci hanno cresciute così. Timide avventuriere in cerca di sogni.
Siamo al 10 gennaio 2014. Io davanti a quello schermo. Ho premuto invio.
Ed il travaglio è iniziato.
Quando l’altra sera ho celebrato #RicetteDalCuore una mia amica ha detto a mia mamma: il salto nel buio di alice spinge tutti noi a provarci, perché il buio sa di luce. E allora che sia. Lasciamo esplodere i sogni in stelle filanti. Il mio travaglio, iniziato a gennaio, ha dato alla luce questo libro. Ha dato parole al mio dolore, alla mia gioia, alle lacrime, alle risate, alla meraviglia, al terrore, al mio cuore.
E la mia fortuna sapete qual è stata? Il mio compagno, il mio gitano, Alessandro. Che crede in me. Che mi dedica tempo. Che c’è, sempre. Che condivide con me la quotidianità da tanto eppure ogni giorno sembra sempre nuovo, fa volare farfalle nel mio stomaco. E la mia fortuna è anche mia madre, che sempre severa mi guardò e mi disse: hai già scelto, non aspettare nessun’altra approvazione. Vai e sogna. Sei sempre in tempo a reinventarti. E la mia fortuna siete voi che ogni giorno mi ispirate e mi date coraggio e sostegno.
Un sogno è il desiderio che esprime il cuore. Il tempo sfugge, è un attimo. Possiamo esserci oggi, domani chissà. Possiamo ripeterci che abbiamo tempo ma è l’unica cosa che effettivamente, in questi giorni dove il marketing soddisfa ogni esigenza materiale, è proprio quello che manca di più. La vita, il destino, non aspetta nessuno. Se vogliamo una cosa, dobbiamo metterci in discussione e lottare, lottare con le unghie, i denti, farla realizzare. Siamo visionari, e siamo abili giocolieri. Dobbiamo far sì che le idee si concretizzino nella vita che vogliamo.Che sogniamo. Che desideriamo. Spostiamo i limiti, trasformiamo gli ostacoli in nuovi traguardi. E impariamo l’arte della pazienza. Impariamo a saperci perdonare e a perdonare gli altri in rotondità e a 360°. Perché nel tragitto che ci porta verso la realizzazione del sogno incontreremo detrattori, paurosi, codardi, vigliacchi e stregoni. Dobbiamo ricorrere a tutta la nostra arte magica, e proteggerci con manti di luce che la meditazione della proiezione di ciò che desideriamo ci porta.
L’unico prezzo che si paga è il rimpianto di non aver provato a seguire il nostro cuore. Molliamo gli ormeggi. Adesso è il tempo di dire: facciamolo. proviamolo. E se non andrà bene avrà l’umiltà di riprovarci e provare ancora fino a quando avrò le forze per immaginare, fino a quando avrò la fantasia che mi supporterà, fino a quando avrò le gambe abbastanza forti per camminare.
Ho scelto di percorrere la strada meno battuta. Ho scelto una strada che mi porta con il mio compagno tra boschi di foliage rosse, gialle…dove quando piove l’aria sa di funghi e richiama il natale e poi quando esce il sole ci sono arcobaleni e laghi e montagne e falò accesi e coperte. Ho scelto una strada dove improvvisamente, mentre mi stringo al mio gitano, appare il mare.
E la via è lunga, ancora tortuosa, c’è tanto da scrivere, fare, sedimentare. Dobbiamo lasciare tracce di stelle dietro di noi, e nessuna cartaccia o immondizia. Abbiamo da stabilizzare. Creare su questa strada una casa che accolga noi, i nostri figli, il nostro futuro.
Gipsy ci accoglie e accoglie voi. Sempre è così e sempre lo sarà. E siete voi, con noi, a fare la differenza. E siete voi, con noi, a dimostrare a chi ci guarda, ai detrattori, che le anime belle ci sono, la solidarietà è ancora un valore pregno e questo mondo lo rendiamo magnifico con le nostre storie e con il nostro amore.
Per la vita. Per Gipsy. Per tutti noi.
Ottobre 2015, Vede la luce Ricette dal Cuore. Ha guardato il mondo con un sussulto. Prima un pianto, poderoso e liberatorio: per svuotare i polmoni, per dire ciao, io esisto. E poi con un sorriso birichino, e quella fossetta tipica di chi ha tanto da dire. Le abbiamo messo una veste preziosa, perché merita l’abito da sera questo primo nostro figlio. Ha avuto una madrina d’eccezione: Elena Braghieri. Che ha seguito il mio percorso dagli inizi e che ha un cuore pulito, è attenta e premurosa.
E così. Ricette dal Cuore. Ed è la somma di noi, delle nostre parti migliori, ma anche di quei difetti congeniti che si tramandano da generazione in generazione. Come il figlio perfetto. Che perfetto non è, ma che ami proprio grazie a tutte queste virgole e asterischi.
Ottobre 2015, Ricette dal Cuore.
Sul Gipsy Shop, Amazon e nelle librerie selezionate.
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