Sortù di riso
Cotto il Riso con brodo, e poi freddato, si legherà con parmegiano grattugiato, gialli di uova, e qualche chiara,
e se ne formerà una pasta, la quale tirata come una grossa sfoglia, entro una casseruola unta di strutto,
e polverata di pan grattato, per ripieno di essa vi si metterà un ragù di animelle, condito con tartufi,
prugnoli, ed erbe aromatiche; si coprirà con la sudetta pasta di Riso, e si farà cuocere al forno.
Cotto si servirà caldo il Sartù.
Vincenzo Corrado, Il Cuoco galante, Napoli 1793
Il sartù è uno dei piatti più ricchi della cucina napoletana, già citato nel “Cuoco galante”.
Oggi il nome si applica solo alla preparazione a base di riso, mentre nel Settecento indicava genericamente i vari timballi.
Fino a Cavalcanti queste preparazioni erano chiamate sortù e la parola originaria era probabilmente il francese surtout (soprattutto).
In Francia non esiste un equivalente gastronomico, ma del resto la parola surtout indica anche un indumento che si indossa sopra tutti gli altri, come pure lo stampo esterno usato per la fusione delle campane.
Ecco dunque spiegato il significato del sartù: riso o maccheroni stanno sopra tutto il resto, ossia contengono il ripieno.
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