Giugno 1969. Orgosolo. Pratobello.
Lo Stato Italiano decide di installare una delle numerose servitù militari, che già gravavano sulla Sardegna, a Pratobello. Il progetto prevedeva la costruzione di un poligono permanente e l’invio di contingenti militari in alcune zone del paese che comprendevano i pascoli utilizzati nel periodo estivo, dopo la lunga transumanza campidanese del periodo invernale. Il Campidano è la zona sud della Sardegna, più vicina alla costa e con inverni più miti rispetto alle zone più interne.
La reazione della popolazione orgolese fu massiva: venne convocata un’assemblea alla quale partecipò tutto il paese (circa 5000 anime, all’epoca) e al termine della quale si decise che il giorno dopo ci si sarebbe recati in massa ad occupare i pascoli di Pratobello.
Ospitali sì, ma non disposti a subire.
Fu una manifestazione non violenta, totalmente pacifica, alla quale parteciparono uomini e donne di ogni età. Lo Stato inviò i militari e i carabinieri a presidiare le zone scelte per la nuova base militare, ma dopo una settimana di proteste fu chiaro che nessuno Stato avrebbe potuto costruire nessun poligono militare in quei terreni sfruttati da sempre per l’economia locale.
2006. Vicenza. Dal Molin.
Gli Stati Uniti progettano di dare vita ad un complesso di edifici che sarà costituito da centinaia di migliaia di metri cubi di cemento. Una nuova installazione militare in un territorio a cui già, in questo senso, è stato chiesto tanto.
Questo ambizioso progetto viene esposto, nel 2004, all’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che coinvolge l’allora sindaco di Vicenza Hullweck, il quale mostra propensione verso la proposta avanzata dall’allora premier. Tutto questo si svolge senza il coinvolgimento dei cittadini, che scopriranno tutto 2 anni più tardi, nel 2006. Quando Romano Prodi, nel gennaio 2007, dà il via libera all’attuazione del progetto, 150mila persone si organizzano per circondare la città, dichiarando di voler resistere e difendere il proprio territorio. Dopo quella giornata il movimento ‘No Dal Molin’ ha promosso innumerevoli iniziative di protesta.
Nonostante tutto, i lavori nel cantiere sono continuati ad andare avanti. Lo stile “palladiano” prospettato nei grandi progetti è stato abbandonato per lasciare il posto ad edifici squadrati e senza fronzoli e il trasferimento di qualche migliaio di militari è previsto per giugno 2013.
E’ tornato alla ribalta il movimento No Tav. In realtà non si era mai fermato, sono state messe in campo numerosissime iniziative e forme di protesta per evitare la costruzione della Torino-Lione, ma si riprende a parlare della cosa solo quando c’è di mezzo la violenza, classificando le persone che manifestano come anarco-insurrezionalisti, violenti, black bloc, estremisti. Poco importa se dal 2005, quando la protesta è iniziata, siano passati già sette anni. Sette anni in cui le persone hanno cercato di portare avanti pacificamente una protesta più che legittima, che cerca di riappropriarsi degli spazi, della propria economia e del dissentire cercando una mediazione ragionevole.
Inutile che i rappresentanti dello Stato dicano che non ci sarà nessuna mediazione coi violenti: lanciare lacrimogeni tossici addosso a persone con i cappucci in testa (è piena estate in Val di Susa?!), giovani, anziani, donne, non è certo una dimostrazione che si è disposti a trattare.
Dire che il cantiere ormai è stato iniziato, neppure.
Se mi sfugge qualcosa in merito al dialogo pacifico, forse è perchè nessuno mi ha informato sull’evoluzione della maniera di dialogare, in questo paese, degli ultimi anni.
Certo è che dal 1969 ad oggi ne è passato di tempo, ma questo non è bastato ad insegnare ai governanti ad ascoltare la voce delle persone che gli pagano lo stipendio e li nominano come loro rappresentanti. Pare piuttosto che abbiano imparato a tapparsi le orecchie e il naso e a spalancare la bocca oltremodo, ad andare avanti etichettando le persone e privandole man mano delle loro libertà, a glissare palesemente di fronte a ragionamenti e richieste, a sminuire le proteste, le manifestazioni e gli scioperi e, quando possibile, a sabotarne gli intenti.
Oggi non ce la faccio a postare nessuna ricetta della mia rivoluzione personale nessun outfit e nessuna autoproduzione. Oggi sono così.