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RICHARD PINHAS & OREN AMBARCHI, Tikkun

Creato il 02 giugno 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Tikkun

Il percorso che Richard Pinhas e Oren Ambarchi hanno intrapreso negli ultimi anni sembra caratterizzato da una certa sincronicità, rivelatasi lo scorso anno nella presenza di Ambarchi in Desolation Row, in cui lui e altri personaggi dell’attuale scena impro-noise (Lasse Marhaug, ‪Noël Akchoté‬, Eric Borelva) figuravano a fianco del veterano Pinhas. Se lì l’ambient drone si saturava nel noise, mescolando nelle sue trame suoni cosmici e batterie kraute in via di stortura, i famosi metatronic (loop di chitarra “riscrivibili” brevettati da Pinhas e ispirati ai frippertronic) si proiettavano già nel futuro luminoso di Tikkun.
Le comuni frequentazioni di Pinhas e Ambarchi non bastano però a spiegare il loro incontro. Per chiarirsi le idee bisogna tornare al 2012, anno di uscita di Sagittarian Domain. A chi conosceva l’Ambarchi dei suoni appuntiti, dell’equalizzazione come creazione e quello, più recente, ai limiti del post-rock di Grapes From The Estate, quel disco suonava come un’incursione scintillante in certi territori Settanta. Flirtava col krautrock e l’uso di forme cicliche, con il moog ai bassi e le taglienti chitarre post-frippiane. Ed è qui che si segnala la sincronia a cui accennavo all’inizio: gli echi degli Heldon (band in cui Pinhas sviluppò gran parte dei suoi motivi ricorrenti) sono lì rinvenibili, in particolare quelli di Agneta Nilsson e soprattutto Interface, probabile Ein Sof da cui è diramato Tikkun. Anche lì l’hard rock incontrava la musica cosmica, e il drumming si andava ad incastonare tra i metatronic.
Se all’epoca l’apporto di François Auger significava per gli Heldon apertura a soluzioni prog-percussive, all’improvvisazione e alla marzialità industriale, ora il testimone passa a Joe Talia (già in duo con Ambarchi in Hit & Run) e alle sue ritmiche multiformi, che evidenziano la libertà e l’attualità del progetto. Sono invece la pasta dei suoni, volutamente analogica, e il gioco tra registrazione in studio e attitudine live, da sempre marchio di fabbrica Cuneiform, a traghettare il disco su e giù per gli anni Settanta di area Hawkwind.

Se a ciò aggiungiamo la sinergia tra i tre musicisti (che ospitano Merzbow ai noiz loops, Eric Borelva alla seconda batteria e Duncan Pinhas, figlio di Richard, ai synth) ecco allora rivelata la chiave di volta del disco. Nei lunghi crescendo si disvela il Tikkun, che nella Cabala di Ari significa letteralmente “riparare qualcosa di rotto” e nella personale interpretazione di Pinhas rappresenta la creazione spirituale che, riletta in chiave politica, recupera il concetto di “riparazione del mondo, della mente, dei corpi e delle emozioni dallo stupro della modernità e dal fascismo tecnologico”. Ed è infine nella cultura ebraica, comune ad entrambi, nonché in una personale diaspora (di Ambarchi, di origini irachene ma trapiantato in Australia e di Pinhas, nato in Francia ma di radici turco-germaniche) che si può rintracciare un ulteriore indizio sincronico.

Tornando al cd, la prima traccia, Washington, è una sorta di infinita suite kraut-psichedelica in cui avanza lentamente una miscela di noise e feedback con synth e chitarre che tagliano la faccia e un drumming percussivo che si spegne in intrecci ambient drone apertissimi; la seconda traccia, Tokyo, è una passeggiata kraut circolare impastata di fuzz e noisismi vari. La terza, San Francisco, è a predominio delle equalizzazioni e del noise e la presenza di Merzbow primeggia sulle atmosfere spacerock.

Il dvd invece documenta una registrazione live all’Instants Chavires a Parigi che vede Ambarchi anche alla batteria, come accade spesso da Lost Like A Star in poi. Il live non si discosta di molto dal cd, se non per una più spiccata componente drone e il protagonismo di synth fuzzati. Ampio spazio è riservato alle chitarre, in una mischia lisergica di drone oscuri e luminosi. Il drumming di Ambarchi è jazzato, frenetico e ancestrale, e all’entrata delle percussioni viene spontaneo il paragone con Mike Weiss (Zelienople) e i suoi Kwaidan. Nella jam la nostalgia è sopraffatta da un’energia cinetica capace di trascinare i corpi e le menti e forse di ricucire, almeno per un’ora, le ferite della modernità.

Tracklist

CD 1 Washington, D.C. – T4V1
CD 2 Tokyo – T4V2
CD 3 San Francisco – T2V2
DVD DVD – Paris – Part One – TnVO

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