RICICLO – Trasformare la plastica in jeans

Creato il 07 marzo 2014 da Ilfattaccio @Ilfattaccio2

LA MAGGIOR PARTE DELLE AZIENDE NEL CAMPO DELL’ABBIGLIAMENTO lavora sodo allo scopo di dare ai propri capi un marchio che vada oltre l’etichetta: una caratteristica sofisticata, uno slogan che ne evidenzi il valore, un particolare che renda quel capo migliore di un altro per soddisfare i capricci (più raramente i reali bisogni) del cliente. La Levi Strauss sembra voler fare esattamente il contrario. “Questi jeans sono fatti di immondizia”, proclama con orgoglio l’etichetta su un paio di pantaloni lanciati con il significativo marchio: Waste < Less. Lo slogan circola e la frase, ammettiamolo, non richiama immediatamente alla memoria un’azienda che nel 1985 sponsorizzava il suo modello più famoso, il “501” con Nick Kamen alle prese con la lavanderia. Ma il mondo è cambiato, e anche la Levi’s deve seguire il passo dei tempi.La collezione, svelata nell’ottobre dello scorso anno, vuole essere il tentativo, secondo le parole di Jonathan Kirby, vicepresidente del Global Men’s Design, “di cominciare un discorso sulla riduzione dei rifiuti”. Il problema dei rifiuti in plastica è una questione enorme: il consumo globale di acqua in bottiglia supera la media di 29 litri a persona all’anno, e i tassi di riciclo sono bassissimi, dal 29% degli Usa al 51% dell’Europa. “Solo negli Stati Uniti, circa 1 milione di bottiglie viene utilizzato ogni 20 minuti, quindi il pensiero che soggiace alla linea Waste < Less è stato: ‘come possiamo fare in modo che le persone siano più sensibili rispetto alla produzione di rifiuti?’”

NE SONO NATE DUE LINEE DI ABBIGLIAMENTO, una di jeans e l’altra di giacche, che contengono almeno il 20% di plastica riciclata, circa 8 bottiglie per ogni paio di pantaloni. “Se i consumatori”, si augura Kirby, “si renderanno conto che le bottiglie da cui bevono potranno diventare qualcos’altro in futuro, forse saranno più inclini al riciclo”. Ad oggi la compagnia ha riutilizzato più di 3,6 milioni di bottiglie e contenitori per i 300,000 capi della collezione primavera 2013 della linea Waste < Less, plastiche che altrimenti sarebbero state destinate a discariche o inceneritori. Il numero, promettono, crescerà col crescere della produzione.La linea Waste < Less segue il successo della Water < Less, un’iniziativa che la compagnia ha proposto un paio di anni fa e che aveva come scopo quello di attirare l’attenzione sulla riduzione dell’acqua usata durante le operazioni di manifattura. Non a caso, lo slogan per sintetizzare la linea suggerisce: “Comincia dal piccolo, pensa in grande”. Nel 2007 la Levi’s ha infatti commissionato una serie di ricerche sugli impatti ambientali dei suoi prodotti, a partire da un paio di jeans 501: un’analisi accurata dell’energia, dell’acqua e dei materiali impiegati, dello sfruttamento della terra e degli influssi su clima e biodiversità.

I RISULTATI HANNO MOSTRATO CHE LA RIDUZIONE MAGGIORE DELL’IMPATTO AMBIENTALE poteva essere attuata all’inizio e alla fine del ciclo di vita del prodotto. Nella fase iniziale focalizzandosi ad esempio sulla riduzione delle quantità d’acqua e dei prodotti chimici utilizzati nella coltivazione del cotone. Per quanto riguarda invece la fase finale della lavorazione, che spesso prevede l’effetto slavato che tanto piace ai consumatori, non si prevede più l’uso dell’acqua (circa 45 litri di acqua per ogni paio slavato) ma si utilizza invece una “slavatura a secco” ottenuta con “solo” 4 litri a paio unitamente all’uso di specifiche pietre in ceramica. Risultato simile con un risparmio, nel 2012, di più di 360 milioni di litri d’acqua.L’azienda sta lavorando poi su altri fronti, da un lato convincendo i consumatori a lavare meno i propri vestiti (in media ogni paio di jeans viene lavato 100 volte nell’arco della sua esistenza), dall’altro aderendo alla Better Cotton Initiative, organizzazione non profit che lavora in Pakistan, India, Brasile e Mali per migliorare a livello globale l’intero ciclo di produzione del cotone (dal rispetto per l’ambiente a quello per i 300 milioni di persone che coltivano la fibra)

NELL’APRILE DI QUEST’ANNO LA LEVI’S ha lanciato un’edizione limitata dei suoi 501 che combina le tecnologie delle due linee, Waste < Less e Water < Less, per sostenere Ekocycle, linea ispirata dal musicista e produttore Will.I.Am e dalla Coca Cola che, attraverso una serie di partnership (le cuffie Beats della Dr. Dre® e i berretti New Era® annoverati tra le prime adesioni) mira a “rendere più cool il vivere sostenibile”: prezzi non esattamente alla portata di molti, con lo scopo di rendere appetibili i prodotti del riciclo anche alle celebrità.Alcuni fanno notare che, senza obiettivi espliciti e dichiarati, il desiderio di continuare negli sforzi per ridurre l’uso delle risorse, migliorare l’efficienza e promuovere la sostenibilità potrebbe rarefarsi; altri sostengono che si tratti dell’ennesimo esempio di greenwashing da parte di una grande azienda che ha intravisto uno spazio nel mercato e ci si è tuffata a capofitto, mobilitando le molte risorse (economiche) a disposizione per saltare sul carro della cura per l’ambiente. Certo lavorare sulla sostenibilità non è più una scelta ma una necessità se si guarda alla scarsità delle risorse e all’instabilità dei prezzi, ma anche alle richieste di un mercato che, con lentezza ma con costanza, sta diventando sempre più esigente nei confronti dei prodotti che acquista.In questa direzione, che la compagnia non esita ad esibire come fiore all’occhiello, sembra andare anche la partnership che Levi’s sta costruendo con altri soggetti, tra cui l’organizzazione Water.org. Certo, il mondo non si salva in così poco e non possiamo fare a meno di notare che, nel 1985, parlare dei 501 come “jeans di immondizia” non sarebbe stato un gran bel parlare. Ma, si diceva, i tempi cambiano, e oggi “vestirsi di immondizia” risuona come il miglior gesto che l’azienda possa auspicare.
*Anna Molinari
>Fonte< 
redatto da Pjmanc http://ilfattaccio.org


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