La green economy può offrire una possibilità di uscita dalla crisi
La green economy può offrire una possibilità di uscita dalla crisi, se assieme al cambio di produzioni si immagina un’alternativa in cui la tecnologia sia un bene pubblico e un fattore di benessere sociale. Recuperando il protagonismo dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Ma l’Italia è parecchio in ritardo.
La National Development and reform commission, organismo di programmazione economica cinese sotto il controllo del Consiglio di Stato, il 23 luglio ha annunciato un piano quinquennale in dieci punti, contenente misure per incoraggiare le imprese private a investire nei settori emergenti della green economy. Si parla di risparmio energetico, nuove tecnologie dell’informazione, biotecnologie, produzione di attrezzature di fascia alta, energie rinnovabili, nuovi materiali, produzione di veicoli ad energia alternativa.
Assieme a nuove regole per l’impresa privata che regolamentano e facilitano l’accesso ai capitali di investimento, il pubblico si impegna a incoraggiare le imprese e i capitali privati a partecipare alla ricerca e ai programmi nazionali di industrializzazione. Dimostrando chiaramente che la Cina vuole essere la “fabbrica del mondo” non solo per le produzioni a basso costo, ma in settori ad alto valore aggiunto, dove intende affermare la leadership nell’innovazione.
Due mesi dopo in Italia sono gli imprenditori a dettare le regole al governo: cinque punti in cui Confindustria chiede la svendita dei beni pubblici, meno controllo pubblico nel privato, la riduzione (anche retroattiva) delle pensioni, grandi opere e nuove privatizzazioni. Visti i risultati economici della Cina, non saremo “leggermente” in controtendenza? Oriella Savoldi, responsabile Ambiente e territorio della Cgil, così risponde: «Confindustria avanza proposte per l'equilibrio di bilancio attraverso ulteriori tagli agli stessi soggetti, ma non sta inventando niente sul fronte dell’imprenditoria dove invece dovrebbe intraprendere iniziative per il raggiungimento degli obiettivi Ue 20-20-20 attraverso la green economy, un campo dinamico e produttivo di risultati positivi». Scelte industriali che confermano per l’Italia il ruolo di consumatore di prodotti verdi o di produttore su brevetti altrui.
Settore in crescita
Secondo la definizione di Ocse e Eurostat, economia verde vuol dire attività che producono beni e servizi volti a misurare, limitare, minimizzare o correggere i danni ambientali prodotti all’acqua, all’aria, al suolo e all’ecosistema in generale. Comprende le energie rinnovabili, i nuovi materiali e le nuove tecniche costruttive che possono ridurre i consumi di energia e i rischi ambientali. Spiega l’economista Roberto Romano: «Si tratta di capire che è finito un ciclo economico, che le potenzialità di crescita della produzione di massa, unita all’introduzione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (Ict), incontrano una domanda satura e praticamente di sostituzione.