Perché poi quello che resta è che siamo un paese di guardoni sempre chini a spiare dal buco della serratura – o comodamente seduti in poltrona come ha scoperto la mia amica che ha colto sul fatto il dirimpettatio nascosto dalla tenda e seduto in poltrona per l’appunto, a godersi lo spettacolo in prima fila – e di questa ennesima squallida storia resta solo l’aspetto folkloristico, il bunga bunga, i regali e tutto il giro Lelemorese di signorine sempre uguali con almeno la quarta di reggiseno.
Davvero poco importa all’italico uomo medio che questa storia mostri ancora una volta quanto in là si spinga il limite dell’arroganza che si trasforma in conflitto d’interessi, abuso di potere o in una telefonata in questura, che probabilmente veniva dopo una fatta al procuratore di un baby bomber sudamericano o a un dirigente Raiset.
Poca importa, ma veramente poco, che considerare le donne come merce, come oggetti, trofei da mostrare in feste in stile corte del Re Sole sia diventata la regola. Che molte donne, mie coetanee (nella migliore delle ipotesi), siano convinte che offrirsi al sovrano di turno, che sia un presidente del consiglio settantenne e calvo o all’agente giusto del giro giusto, sia l’unica strada possibile per l’affermazione personale e professionale.
Ed è una questione politica è vero, perché è il presidente del consiglio che usa in questa direzione il suo potere e che è evidentemente ricattabile ma è soprattutto una questione di dignità e di rispetto. Perché un extracomunitario o una extracomunitaria con poco seno o poco esotica saranno “accolti” a Lampedusa, dalla terza in su ad Arcore.
Ma poi è il bunga bunga, è l’Italia del “Cin cin, ricoprimi di baci”, bellezza, cosa vuoi che sia.
Filed under: No, parliamone